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martedì 14 marzo 2017

Compressione Midollare

Fattori eziologici, fattori di rischio e patofisiologia:

La compressione midollare in seguito a metastasi intradurali (metastasi intramidollari o leptomeningee) é un evento raro, mentre nel 97% dei casi si osserva una compressione extradurale. Nella maggior parte dei casi, la compressione esita da un coinvolgimento tumorale a carico della colonna vertebrale (85-90% de casi) che, nel 70% dei pazienti, presenta lesioni osteolitiche. Le neoplasie paravertebrali (linfoma, neuroblastoma, sarcoma), che si diffondono attraverso il foramine intravertebrale senza coinvolgimento osseo, rappresentano il 10-15% dei casi. Tale meccanismo di compressione è più frequente nei bambini, nei quali i corpi vertebrali non vengono solitamente infiltrati dal tumore; la radiografia del rachide e la scintigrafia ossea risultano normali. Le metastasi vertebrali sono osservabili in circa il 40% dei pazienti deceduti per malattia neoplastica. Il segmento spinale coinvolto (approssimativamente: 10% rachide cervicale; 70% rachide dorsale, 20% rachide lombosacrale) riflette il numero e il volume dei corpi vertebrali in ognuno dei segmenti anatomici. La compressione midollare è spesso multipla, specialmente in caso di carcinoma prostatico o mammario estesi o di mieloma. Il dato sulla frequenza di seconde metastasi epidurali sintomatiche si attesta tra l’8% e il 37%. Il tumore metastatico comprime il midollo spinale secondo tre meccanismi: attraverso compressione neurale diretta, compressione del plesso venoso vertebrale e, raramente, attraverso lesione meccanica del midollo spinale o delle radici del nervo in seguito al crollo vertebrale. I disturbi circolatori e la compressione neurale diretta causano edema vasogenico midollare, emorragia venosa, perdita di mielina e ischemia, come conseguenza di un incremento nella sintesi della prostaglandina E2, nell’interleuchina IL-1 e IL-6 e nella serotonina. Recentemente la risonanza magnetica ha permesso di identificare due modelli principali di compressione: il 73% dei pazienti presentava interessamento dei tessuti molli epidurali, mentre solo nel 24% dei casi si osservava un crollo vertebrale.

Riferimento del paziente:

compressione midollare rappresenta una condizione di emergenza (indipendentemente dal tipo di tumore, dal livello di invasione spinale e dall’estensione della malattia primitiva) poiché ogni ritardo nel trattamento può causare una paralisi e una perdita del controllo degli sfinteri permanenti. I migliori risultati terapeutici si ottengono in pazienti deambulanti, con funzionalità degli sfinteri vescicale ed anale conservata. Il fattore che più di ogni altro influisce sul risultato è una corretta diagnosi dei sintomi precoci, seguita da una pronta terapia aggressiva. I pazienti affetti da compressione midollare necessitano di un approccio terapeutico e diagnostico multidisciplinare. Il performance status può variare sensibilmente a seconda dell’estensione del tumore primitivo, ed è influenzato dal livello del mantenimento dell’andatura e della funzione sfinterica. Tanto il work-up diagnostico quanto l’approccio terapeutico devono tenere in debita considerazione la malattia primitiva, i sintomi correlati alla compressione midollare, e la possibilità di malattie opportunistiche. I pazienti con compressione midollare devono venir indirizzati presso centri nei quali siano disponibili almeno i seguenti presidi:

Presidi diagnostici:
· Dipartimenti clinici: neurologia, oncologia medica o medicina interna
· Dipartimenti radiologici: radiologia convenzionale, Tomografia Computerizzata (TC), Risonanza Magnetica (RM), Ultrasuoni (US), uno staff ben addestrato in campo neuro-radiologico
· Laboratori: é necessario poter effettuare test ematochimici, microbiologici e istologici.

Presidi terapeutici:
· Dipartimento di neuro-chirurgia.
· Dipartimento di radioterapia.
· Dipartimento di chirurgia ortopedica.
· Dipartimento di oncologia medica.
· Dipartimento di medicina interna.


La cooperazione tra chirurgo, radioterapista e oncologo medico é fortemente raccomandata al fine di pianificare il trattamento e di determinare le scelte terapeutiche.

DIAGNOSI:

Il dolore progressivo é un sintomo riportato da almeno il 90% dei pazienti adulti e dall’80% dei bambini colpiti da compressione midollare. La rachialgia localizzata a livello delle metastasi epidurali solitamente precede il dolore radicolare di alcune settimane o anche di alcuni mesi (mediana: 7 settimane), anche se quest’ultimo è generalmente più severo. Il dolore da compressione midollare epidurale ha le stesse caratteristiche del dolore causato da discopatie degenerative; tuttavia, contrariamente a quanto si osserva nei soggetti con ernia discale, il dolore correlato a metastasi epidurali non si allevia può, anzi, aumentare in posizione supina. Il segno di Lhermitte, definito come una sensazione assimilabile ad una scarica elettrica percepita lungo la la colonna spinale e gli arti, indotta dalla flessione del collo, è stata talvolta riportata da pazienti con metastasi epidurali. Il dolore radicolare, associato alla compressione della radice nervosa, consente di localizzare il livello della lesione: può irradiarsi unilateralmente o bilateralmente agli arti superiori o inferiori (nelle lesioni cervicali o lombari), oppure bilateralmente intorno al torace o all’addome superiore (nelle lesioni della colonna toracica). Il dolore radicolare può essere accompagnato a iporeflessia tendinea, deficit motori, disturbi sensitivi in corrispondenza dell’area delle radici nervose danneggiate dalle disseminazioni epidurali. Il dolore riferito (per esempio: metastasi vertebrali localizzate in L1 che causino dolore in regione sacroiliaca) è un falso segno di localizzazione della lesione. Altri sintomi quali l’ astenia, i disturbi sensitivi e la disfunzione autonomica solitamente seguono l’insorgenza del dolore. L’astenia ed i deficit motori sono il secondo sintomo più comune, presente nell’80% dei pazienti. Essendo la colonna toracica la sede più comunemente interessata da metastasi epidurali, l’astenia riguarda solitamente gli arti inferiori, dando luogo a deficit nella deambulazione. Questi ultimi possono anche essere determinati da atassia sensoriale, presumibilmente dovuta a compressione posteriore. Può trattarsi di un segno isolato, e come tale può essere erroneamente attribuito a lesioni cerebellari metastatiche, a tossicità farmacologia o a sindrome paraneoplastica. L’astenia può, progredendo, dar luogo a quadri di paraplegia. Al momento della diagnosi, I disturbi sensitivi sono presenti nel 50% dei pazienti. Questi disturbi hanno un limite superiore, che può seguire un corso ascendente; ciò può portare ad un’errata localizzazione del tumore, specialmente nei primi stadi della compressione midollare. I pazienti possono presentare parestesie e/o perdita della sensibilità agli arti inferiori, che comincia solitamente dagli alluci e risale come se si infilasse una calza. I disturbi autonomici (impotenza, incontinenza urinaria/fecale o ritenzione urinaria associate a compressione midollare lombare, sindrome di Horner associata a compressione cervicale o della regione toracica superiore) insorgono tardivamente nel 60% dei pazienti e si associano ad una prognosi sfavorevole. Nei pazienti oncologici, la diagnosi differenziale relativa alle metastasi epidurali include mielopatia radio-indotta, tumori primitivi, ascessi, ematomi, crollo vertebrale o lipomi indotti da steroidi, foci di ematopoiesi extramidollare, e metastasi intramidollari, che risultano 50 volte meno frequenti delle disseminazioni epidurali

Diagnosi strumentale:

La diagnosi di compressione midollare rappresenta una condizione di emergenza, poiché la progressione dei segni neurologici tende a dar luogo a danni irreversibili (paraplegia) in poche ore (nel 20% dei pazienti) o in un periodo compreso tra 7 e 10 giorni (nel 65% dei pazienti). Nel paziente neoplastico la rachialgia giustifica un notevole sospetto. Gli studi radiografici consentono di riscontrare la presenza di compressione midollare e di definire la sede e il numero di compressioni presenti. Gli esami radiografici senza mezzo di contrasto sono raccomandati con un livello di evidenza di tipo C (Byrne 1992). Si tratta di esami disponibili in breve tempo ed economici. Tali esami mostrano anomalie vertebrali (perdita della definizione dei peduncoli vertebrali, crollo vertebrale, e lussazioni ossee) nel 70-80% dei pazienti con compressione midollare epidurale (Byrne 1992). Rispetto a quanto accade in lesioni infettive, i dischi vengono solitamente risparmiati. Tuttavia, gli esami radiologici senza mezzo di contrasto risultano normali nel 60-70% dei pazienti con linfoma, sarcoma o neoplasie pediatriche, in cui la compressione posteriore o postero-laterale è l’esito dell’invasione dello spazio epidurale attraverso il foramine vertebrale, senza lesioni ossee. Le anomalie radiografiche focali in presenza di corrispondenti segni neurologici hanno un valore predittivo positivo pari al 98% nel riscontro della presenza e del livello di compressione midollare . La scintigrafia ossea è uno strumento più sensibile ma meno specifico rispetto alla lastra senza mezzo di contrasto nel riscontro di metastasi ossee. La scintigrafia ossea è raccomanadata con un livello di evidenza di tipo R , al fine di identificare i pazienti a rischio. La Risonanza Magnetica (RM) dell’intera spina dorsale è raccomandata su base C, in caso di sospetta compressione midollare . La RM é più sensibile e più specifica rispetto alla scintigrafia ossea, per quanto attiene alle metastasi vertebrali . Nonostante la mielografia e la mielografia con sezioni TC siano altrettanto accurate rispetto alla RM nell’identificare una compressione midollare, la RM è un esame non invasivo, più sicuro e meglio tollerato, rispetto alla mielografia, oltre ad offrire molti più vantaggi:

-la RM é la metodica più sensibile nella diagnosi di metastasi vertebrali.

 -la RM mostra l’estensione delle metastasi epidurali molto meglio di quanto non faccia la
mielografia, che fornisce soltanto un’immagine in negativo

-la RM con scansioni sagittali é superiore alla mielografia per il riscontro di metastasi epidurali multiple, presenti nel 25-40% dei casi (70% delle quali coinvolgono più regioni spinali)

 -la RM mostra chiaramente l’estensione del tessuto neoplastico intorno alla spina dorsale, presente in circa il 30% dei pazienti.

Le anomalie radiografiche focali, accompagnate da segni neurologici compatibili con la sede, hanno un valore predittivo positivo pari al 98% nella diagnosi della presenza e del livello di compressione midollare, e tuttavia una RM dell’intera spina dorsale è raccomandata, poiché l’ulteriore informazione può modificare il piano terapeutico. L’esito della RM ha determinato modifiche nel programma di radioterapia in circa il 50% dei pazienti. La RM con mezzo di contrasto é opzionale nella diagnosi di metastasi intramidollari e masse paravertebrali. Prima dell’avvento della RM, la mielografia convenzionale e la TC del midollo costituivano gli strumenti diagnostici principali nel riscontro delle lesioni epidurali e nella loro circoscrizione. Attualmente, la mielografia convenzionale e la TC del midollo sono raccomandate qualora la RM non sia immediatamente disponibile, o per quei pazienti che non possano essere sottoposti a RM (per esempio, pazienti affetti da scoliosi severe, con protesi ferromagnetiche, con clips chirurgiche posizionate in seguito ad aneurismi, con pacemaker cardiaci, o anche pazienti con forme severe di claustrofobia). La puntura lombare non è raccomandata, salvo nel caso in cui venga effettuata durante la mielografia. La puntura lombare è potenzialmente rischiosa a causa dei possibili effetti collaterali. Inoltre, si tratta di una procedura con valore diagnostico limitato, che solitamente mostra un incremento dei livelli proteici non specifico. Molto raramente viene rilevata, tramite tale procedura, la presenza di cellule neoplastiche.

PROGNOSI:

L’evoluzione dei sintomi e dei segni dovuti a metastasi epidurale ha un andamento costante: iniziale rachialgia protratta per giorni o mesi, dolore radicolare seguito da astenia e modificazioni della sensibilità, che possono evolvere in paraplegia ed alterazioni degli sfinteri. La progressione di un segno neurologico a paraplegia può avvenire in un periodo di circa 48 ore (nel 22% dei pazienti) o entro 7-10 giorni (nel 65% dei casi). Una tale rapidità non può essere spiegata semplicemente con l’incremento del volume tumorale. Essa é, piuttosto, correlate con modificazioni vascolari di tipo trombotico, con conseguente ischemia ed edema. La paraplegia progressiva, d’altro canto, è da attribuire alla graduale compressione midollare. Nella maggior parte dei pazienti, la diagnosi di metastasi epidurali viene effettuata nel momento in cui sono presenti almeno alcuni dei segni di compressione midollare. Essendo la velocotà della progressione imprevedibile, il trattamento delle metastasi epidurali rappresenta una condizione d’emergenza, indipendentemente dalla severità del danno neurologico. Pertanto, la diagnosi definitiva e l’inizio del trattamento sono spesso concomitanti. Le complicanze sistemiche più importanti della compressione midollare sono:
1) Insufficienza respiratoria, presente nelle lesioni cervicali superiori, che può richiedere la ventilazione assistita

 2) Ipotensione, principalmente ortostatica, che può diventare sintomatica, o essere aggravata dalla posizione eretta o anche seduta

 3) Ritenzione urinaria o stitichezza

 La recidiva di metastasi midollari epidurali é stata documentata in una percentuale di pazienti compresa tra il 7% e il 15%.

Fattori prognostici e fattori predittivi:

L’aspettativa mediana di sopravvivenza dalla diagnosi è breve, attestandosi in molte casistiche non selezionate sui tre-sei mesi. I due fattori che hanno maggiore impatto sulla sopravvivenza sono la natura del tumore primitivo e l’entità del danno neurologico. Il carcinoma mammario è associato alla sopravvivenza più lunga, il carcinoma polmonare a quella più breve, mentre i pazienti con tumore prostatico hanno un’aspettativa di vita intermedia . D’altro canto, per i pazienti deambulanti sia prima sia dopo il trattamento radioterapico la sopravvivenza è significativamente più alta rispetto ai pazienti non deambulanti . La prognosi peggiore si osserva nei pazienti con disfunzioni vescicali e intestinali. La sopravvivenza è anche collegata alla diffusione sistemica della malattia neoplastica. La presenza di metastasi midollari epidurali multiple (riguarda il 25-40% dei pazienti) è ritenuta un fattore prognostico indipendente per quanto riguarda la prognosi sfavorevole. La responsività della lesione primitiva alla terapia non chirurgica influenza la sopravvivenza, il controllo del dolore e il recupero neurologico. Inoltre, gli stessi fattori (natura del tumore primitivo ed entità del danno neurologico) sono quelli che maggiormente determinano l’esito della terapia . Una volta comparso il danno neurologico, nella maggior parte dei pazienti non avviene il recupero. Infatti, soltanto il 16% dei pazienti non deambulanti prima della terapia riescono a camminare dopo il trattamento radioterapico. Tuttavia, la maggior parte dei pazienti affetti da malattia di Hodgkin o linfomi non-Hodgkin recuperano la motilità dopo il trattamento radio/chemioterapico, anche se presentavano una paresi prima della terapia. L’evoluzione più lenta dei deficit motori pre-radioterapia è un fattore predittivo di una miglior funzionalità post-radioterapia. Studi retrospettivi e prospettici hanno documentato che il 90% dei pazienti che sviluppano un deterioramento lento della funzione motoria (> 14 giorni) riportano un miglioramento funzionale dopo la radioterapia, in confronto al solo 10% dei pazienti che sviluppano un danno motorio rapidamente (da 1 a 13 giorni). La prognosi è molto sfavorevole nei pazienti con rapido deterioramento della funzione motoria nelle 48 ore precedenti il trattamento radioterapico.

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