INFORMAZIONI GENERALI
Prevalenza:
La prevalenza della LAL, cioè il numero di persone viventi
con diagnosi di leucemia acuta linfoblastica, è di 38 su 100.000.
Fattori di rischio:
Per ciò che concerne i fattori di rischio legati alla LAL
dell’infanzia si sa poco, eccezion fatta per l’esposizione prenatale ai raggi X
ed alcune specifiche sindromi. Sesso, età, razza e condizione socioeconomica
sono un gruppo di fattori di rischio noti. In generale, l’incidenza aumenta del
30% nei ragazzi rispetto alle ragazze, ed il rischio è circa 2 volte maggiore
nei bambini bianchi rispetto ai neri. Uno stato socioeconomico (SES) elevato
aumenta il rischio di diagnosi di LAL tra i 2-5 anni d’età, ma non si conosce
quale aspetto particolare sia importante. L’esposizione a radiologia
diagnostica in utero ha comportato in passato un aumento del rischio (1.5
volte), ma la giorno d’oggi le tecniche di “shielding” dovrebbero averlo ridotto.
Il rischio di LAL da esposizione a radiazioni, come nell’incidente alla
centrale nucleare di Chernobyl, era significativamente aumentato nei soggetti
esposti a più di 10mSv. Condizioni genetiche come la sindrome di Down, la
neurofibromatosi, la sindrome di Schwachman, la sindrome di Bloom, l’atassia
telangiectasia, l’istiocitosi a cellule di Langherans e la sindrome di
Klinefelter sono associate ad una maggiore frequenza di LAL. In particolare
nella sindrome di Down è riportato un rischio 20 volte aumentato. Qualche
studio ha riportato aumento del rischio in aree con campi elettromagnetici ad
elevata intesità. Molte professioni ed alcuni prodotti chimici utilizzati
durante il lavoro sono associati con un aumentato rischio di LAL. Tra i 25
prodotti chimici considerati cancerogeni per l’uomo (IARC gruppo 1), il benzene
e l’ossido di etilene sono associati alla leucemia. Nel gruppo di prodotti
chimici considerati come probabili cancerogeni umani (IARC gruppo 2A) il 1,3
butadiene, il bifenile policlorinato sono correlati alla leucemia. Inoltre
alcune industrie ed occupazioni sono classificate come cancerogene:
calzaturifici, fabbriche di lavorazione della gomma (IARC gruppo 1) e
raffinerie di petrolio (IARC Group 2A) .
Riferimento:
Per la difficoltà e complessità della valutazione
diagnostica e prognostica, la scelta di protocolli di trattamento adattati al
rischio e all’età, la cura della malattia ed il trattamento delle complicanze
ed il bisogno di un follow-up accurato e prolungato, è decisamente raccomandato
con un livello di evidenza di tipo C, che i casi di LAL dell’adulto siano
sempre inviati a centri Onco-Ematologici qualificati.
PATOLOGIA E BIOLOGIA:
-Studio diagnostico
Classificazione morfologica:
La morfologia è il principale criterio per la diagnosi di
LAL e per la differenziazione dalla LAM (Lai 2000). La diagnosi di LAL si
effettua allorquando l’esame del midollo osseo rileva una infiltrazione di
cellule blastiche linfoidi maggiore al 20% della cellularità totale.
Considerando i criteri della classificazione FAB (French-American-British), i
tre maggiori sottotipi morfologici sono): Categoria / Morfologia / Incidenza
L1 / piccole cellule linfoidi, cromatina omogenea, assenza
di nucleoli, scarso citoplasma, nuclei regolari / 25-30%
L2 / grandi cellule eterogenee, cromatina disomogenea, forma
irregolare del nucleo, presenza di nucleoli, citoplasma / 65-70
L3 / grandi cellule con cromatina nucleare finemente
punteggiata, nucleoli prominenti, citoplasma fortemente basofilo e vacuolato /
5-10
L’analisi morfologica al microscopio e la citochimica
rappresentano il requisito minimo per una corretta diagnosi di LAL. La
sottoclassificazione nei due gruppi L1 ed L2 ha una rilevanza minore poiché ciò
non comporta implicazioni prognostiche. La nuova classificazione WHO delle LAL,
sia di linea B che T, non considera più tale distinzione ma piuttosto distingue
tra leucemie linfoblastiche B e T con immunofenotipo e caratteristiche
citogenetiche differenti. Il sottogruppo L3 va sempre confermato con tecniche
aggiuntive. Varianti morfologiche più rare (link 2.2) sono la LAL con cellule
“hand-mirror” cell, l’associazione con ipereosinofilia, la LAL granulata e
quella con cellule mature quasi indistinguibili dalle malattie linfoidi mature,
che richiede una valutazione accurata per una sicura identificazione. Il ruolo
della citochimica (link 2.2) è limitato alla differenziazione tra leucemia
acuta linfoide e mieloide. Dal momento che la diagnosi morfologica è piuttosto
generica si raccomanda sempre, con livello di evidenza di tipo C, di validare
ed integrare questo dato con lo studio immunofenotipico.
Studio Immunofenotipo:
E’ opinione generale considerare un livello del 20% come
soglia minima per definire la positività dei blasti ad un anticorpo monoclonale.
Circa il 75% delle LAL dell’adulto appartengono alla linea B. I marcatori B
sono il CD19, CD20, CD22, CD24, e CD79a. I marcatori più precoci di linea B
sono il CD19, CD22 (di membrana e citoplasmatico) e il CD79a. Una reazione
positiva isolata per almeno due di questi marcatori identifica la LAL pro-B. La
presenza dell’antigene CD10 (CALLA) definisce il sottogruppo della LAL
(comune). I casi positivi per IgM citoplasmatiche (solo catene pesanti di tipo
mu), costituiscono il gruppo delle LAL pre-B, mentre la presenza di
immunoglobuline di superficie con catene leggere monoclonali definisce la LAL B
matura. Le LAL a cellule T costituiscono circa il 25% dei casi. I marcatori
delle cellule T sono il CD1a, CD2, CD3 (di membrana e citoplasmatico), CD4,
CD5, CD7 e CD8. Gli antigeni CD2, CD5 e CD7 sono i marcatori delle cellule T
immature ma non sono assolutamente specifici, cosicchè la diagnosi
inequivocabile di LAL-T si basa sulla dimostrazione del CD3 di superficie o
intracitoplasmatico. Le LAL sia B che T possono esprimere antigeni mieloidi o
l’antigene delle cellule staminali CD34. Quest’ultimo non ha rilevanza
diagnostica ma può essere prognosticamente importante. Il sistema di
valutazione recentemente introdotto dal gruppo EGIL è rivolto alla caratterizzazione
delle leucemie acute (LAL, di linea B o T, e mieloidi) attraverso l’utilizzo
combinato di marcatori altamente linea specifici e altri di differenziazione
cellulare, più alcuni marcatori delle cellule staminali. Il sistema ha
introdotto una terminologia specifica per fase di maturazione nell’ambito delle
LAL B e T (EGICL 1995) e si è dimostrato clinicamente adeguato . L’uso della
classificazione EGIL viene raccomandato con un livello di evidenza di tipo R.
[linea cellulare B (CB19 e/o CD79a e/o CD22: alemno 2 sono
sempre espressi] :
Categoria: Marcatori Immunologici
B-I (PRO- B) LAL non altri marcatori di differenzazione B (HLA-DR, TdT, CD34)
B-II (common) LAL come sopra, più CD10
B-III(Pre-B) LAL come B-I / B-II, più IgM citoplasmatiche
B-IV (mature) LAL kappa o lambda citoplasmatiche o di superficie
Tra gli altri marcatori, gli stadi B-I e B-II sono spesso positivi per iCD24 e 4G7; CD20 ed CD22 sono variabilmente positivi oltre lo stadio B-I; CD13 e CD33, così come l’antigene della cellula staminale CD34, sono spesso positivi nella LAL Ph+ (frequentemente B-II con CD34, CD38, CD25 e CD13/CD33), ma l’antigene mieloide specifico CD117 non è espresso e può quindi essere usato per differenziare la LAL da rare leucemie mieloidi negative per la mieloperossidasi (link 2.2). La LAL Pro-B con t(4;11) è più spesso positiva per gli antigeni mieloidi (incluso CD15). I marcatori delle cellule T non sono solitamente espressi nelle LAL-B ma vi sono casi CD19+ contemporaneamente CD2+. La perdita di molecole di adesione è stata descritta.
[Linea a cellule T; sempre positiva per il CD3 citoplasmatico]:
Caterogia: Marcatori Immunologici
T-I (pro-T) LAL CD7 (solitamente TdT, CD34, CD38)
T-II (pre-T) LAL come sopra, più CD5 e/o CD2 e/o CD8
T-III (cortical) LAL qualunque combinazioni di marcatori T più CD1a
T-IV (mature) qualunque combinazioni di marcatori T più CD3di membrana (senza CD1a)
Nelle LAL-T l’espressione del CD10 è frequente (25%) ma non specifica; CD34 e altri antigeni mieloidi possono essere espressi.
Citogenetica:
Esistono numerose sonde cromosomiche che, utilizzate con tecnica FISH, possono evidenziare direttamente quasi tutte le anomalie cromosomiche nella LAL, con una sensibilità del 99%. L’indagine citogenetica è raccomandata con un livello di evidenza di tipo C in tutti i casi. Le anomalie note comprendono alterazioni cromosomiche sia numeriche che strutturali. La valutazione immunofenotipica-citogenetica permette l’identificazione della LAL con t(9;22) o Philadelphia positiva (Ph+), solitamente associata ad una morfologia L2 (linfoblastica scarsamente differenziata) e fenotipo ‘common’ CD10+ o pre-B. La LAL Ph+ potrebbe costituire il 25-50% dei casi LAL ‘common’ CD10+ o pre-B. Le traslocazioni che coinvolgono il cromosoma 8 (gene c-myc), come la t(8;14) (90% dei casi), la t(8;22) (10% dei casi) e la t(2;8) (osservata raramente), sono virtualmente presenti nel 100% dei casi di LAL-B matura con morfologia L3 (tipo Burkitt) e immunoglobuline di superficie clonali. La LAL con t(4;11) è rara negli adulti (3-4%). Si associa a marcata iperleucocitosi e fenotipo pro-B. La LAL con t(1;19) viene considerata un’altra entità specifica all’interno del gruppo pre-B. Le anomalie citogenetiche sono apparentemente meno frequenti nelle LAL-T. Le alterazioni più comuni interessano il punto di rottura 14q11, come nella t(10;14), t(11;14), t(1;14), o altro. La presenza di t(8;14) con punti di rottura q24;q11 (q24;q32 nella LAL-B) è associata ad una presentazione linfomatosa aggressiva. Altre anomalie cromosomiche ricorrenti che potrebbero avere rilevanza prognostica (link 5.3) sono le delezioni e le monosomie dei cromosomi 5 e 7 (6%), la trisomia 8, la trisomia 21, del(9p) o t(9p) (5-15%), del(6q) nelle LAL-T (2-6%, con effetto prognostico sfavorevole), abn(11q23), del(12p) o t(12;21) che nelle LAL-B identificano un sottogruppo a prognosi favorevole (5%), la t(10;14) che conferisce buona prognosi nella LAL-T, del(1p) e t(8;12). L’ipoploidia con meno di 45 cromosomi conferisce una cattiva prognosi. L’iperploidia (> 46 cromosomi) potrebbe conferire una prognosi intermedio-buona e deve quindi essere identificata. Alterazioni genomiche
Il riarrangiamento dei geni delle immunoglobuline o del recettore delle cellule T, presente virtualmente in tutti i casi di LAL, può essere evidenziato da tecniche di ibridazione come il Southern blotting o la PCR (polymerase chain reaction) e con tecniche citometriche nei casi con riarrangiamento ed espressione dell’eterodimero alpha-beta del recettore delle cellule T (TCR). Queste analisi sono utili per individuare alterazioni geniche associate a traslocazioni cromosomiche e quando si voglia monitorare la malattia minima residua (link 5.4.2). (links 5.3 and 5.6). Le tecniche di biologia molecolare dimostrano efficacemente i riarrangiamenti dei geni BCR e ABL, come accade nella t(9;22), dei geni PBX1 ed E2A come nella t(1;19); dei geni tal-1 e del TCR-beta come nella t(1;14); di myc e delle catene leggere e pesanti delle immunoglobuline come si osserva nelle traslocazioni che coinvolgono i cromosomi 8, 14, 22, e 2; di ALL-1 e AF4 come nella t(4;11); di ETV6(TEL) e AML1 come nella t(12;21); e infine traslocazione/attivazione di Hox11L2 come nella LAL-T con t(5;14)+. E’ anche frequente la mutazioni, delezione o metilazione di geni che regolano il ciclo cellulare e altri aspetti del metabolismo cellulare. Queste anomalie possono avere rilevanza clinica (link 5.3) poiché modificano il potenziale proliferativo delle cellule leucemiche e/o interferiscono con l’induzione di apoptosi da farmaci antitumorali, come nel caso di iperespressione del gene antiapoptotico bcl-2. Altri geni interessati sono p53, retinoblastoma (Rb), p14, p15, p16 (che costituiscono gli inibitori tipo INK4 delle chinasi ciclino-dipendenti), p21, caspasi 2 e 3, Ikaros, Apaf-1 e procaspasi 2, 3, 7, 8, 9, CTGF, metalloproteasi 2 e 9, triade dell’istidina fragile, calcitonina, LFA-1 e VLA-4 (integrine), e HOX11/11L2 nelle LAL-T. Una migliore comprensione dei meccanismi di leucemogenesi, classificazione genico-molecolare e suscettibilità ai farmaci anticancro si attende dai risultati delle nuove tecniche di analisi genica mediante micro-chips.
Diagnosi differenziale:
Si raccomanda con un con livello di evidenza di tipo C di differenziare la LAL dalla leucemia mieloide acuta (LAM), dalle rare leucemie acute indifferenziate e dalle leucemie bifenotipiche. La valutazione morfologica convenzionale ha un valore limitato poiché la maggior parte dei casi di LAL dell’adulto mostra >una morfologia tipo L2 (link 2.1.1), come nelle leucemie acute indifferenziate e alcuni casi di LAM immatura. Pertanto gli studi di citochimica e immunofenotipo sono considerate procedure standard. La differenziazione tra LAM e LAL si basa sulla colorazione con Sudan nero B o mieloperossidasi (LAL negativa o positiva <3%). Sono noti rari casi di LAL di linea B positiva al Sudan nero ma sempre mieloperossidasi e cloroacetato-esterasi negativa. Nelle LAL-T è comune una focale positività paranucleare alla fosfatasi acida o all’esterasi non specifica. La microscopia elettronica con l’uso dianticorpi monoclonali mieloperossidasi-specifici è importante per individuare i casi di leucemia acuta indifferenziata mieloperossidasi positivi. La leucemia acuta indifferenziata può mascherare una LAL se non esprime mieloperossidasi o perossidasi piastrinica, e al contrario antigeni linfoidi. Sono descritti casi con fenotipo linfoide linfo-mieloide e positività alla mieloperossidasi . Questi casi, comunemente disgnosticati come LAL, possono rappresentare leucemie acute bilineari a cellule staminali. Sono stati descritti casi di vera LAL immunoreattivi alla mieloperossidasi o che esprimono livelli quantificabili di mRNA della mieloperossidasi. Inoltre una popolazione minoritaria di blasti mieloperossidasi positivi si osserva spesso nella LAL Ph+, e occasionalmente nelle LAL-T. Va inoltre valutata anche l’espressione del CD117 (link 2.1.2) (Hans 2002). La maggior parte dei casi di LAL esprimono l’enzima nucleare TdT. Le LAL TdT negative sono estremamente rare, ad eccezione della LAL-B/L3, così tutti i casi L1 ed L2 TdT-negativi dovrebbero essere studiati accuratamente per escludere altre neoplasie linfoidi con presentazione leucemica (linfoma mantellare blastoide, mieloma plasmoblastico atipico ed altri linfomi ad alto grado). Il CD56, un marker di differenziazione delle cellule NK, definisce un raro sottogruppo di LAL (circa 3%) con antigeni T precoci; la vera LAL a cellule NK è molto rara (TdT+, CD56+, altri markers T negativi, assetto germinale del TCR). Circa il 5% dei casi può esprimere markers di linea misti nella stessa popolazione (leucemia bifenotipica) o in popolazioni differenti (leucemia ibrida). Considerando l’espressione di differenti markers di linea B, T e mieloide, il gruppo EGIL ha proposto una classificazione dei casi con caratteristiche diagnostiche incerte o bifenotipiche. La leucemia acuta bifenotipica è definita da un punteggio complessivo > 2 per la linea mieloide e > 1 per quella linfoide (B o T).
SISTEMA A PUNTI PER LE LEUCEMIE BIFENOTIPICHE:
PUNTI LINEA B LINEA T MIELOIDE
2 CD79a CD3(cyt/m) MPO
cyt IgM TCR(clonalità)
cyt CD22
1 CD19 CD2 CD13
CD10 CD5 CD33
CD20 CD8 CDw65
CD10
0.5 TdT TdT CD14
CD24 CD7 CD15
CD1a CD64
CD117
DIAGNOSI:
Obiettività e diagnosi strumentale:
Presentazione clinica:
I sintomi della LAL sono dovuti all’ espansione della popolazione cellulare nel midollo osseo e, secondariamente, all’infiltrazione di altri organi ed a disturbi metabolici.Normalmente l’infiltrazione blastica nel midollo osseo è subtotale o totale. Solo il 4% dei casi presenta una infiltrazione <40%. L’ emopoiesi normale è di conseguenza ridotta. La classica triade sintomatologica legata all’insufficienza midollare è: astenia e aumentata intolleranza all’esercizio fisico (anemia), facilità al sanguinamento mucoso e cutaneo (trombocitopenia, specialmente se 100.000 raramente porta alla sindrome da leucostasi e talora a grave sanguinamento.
Esami di laboratorio:
Alla diagnosi, una anemia severa (Hb1.6 mg/dl, acido urico >8 mg/dl e livelli elevati di potassio e fosforo sierici sono ad alto rischio di sviluppare una sindrome da lisi tumorale acuta durante la chemioterapia, e ciò richiede un attento monitoraggio di questi parametri, della diuresi ed una adeguata terapia di supporto. Nel 5% dei casi i test di coagulazione ed il dosaggio del fibrinogeno sono alterati. I livelli di LDH sono aumentati in molti casi.
Diagnosi patologica:
Campioni diagnostici appropriati
L’aspirato midollare è la procedura standard per l’iniziale valutazione diagnostica che comprende anche studio immunofenotipico e analisi citogenetica, mentre la biopsia ossea è raccomandata con un livello d’evidenza di tipo C. La biopsia ossea è necessaria nei casi di ‘punctio sicca’ dovuta a fibrosi o eccessivo accumulo di cellule blastiche nel midollo, e può dimostrare la presenza di blasti negli spazi normalmente occupati da tessuto adiposo nonchè quantificare l’ emopoiesi normale residua. Il sangue periferico può essere utilizzato per raccogliere e conservare campioni di cellule blastiche per ulteriori indagini, ed è considerato accettabile a scopo diagnostico solo nei pazienti con elevato conteggio di blasti circolanti o se la biopsia ossea non è possibile. Una valutazione precoce del liquido cerebrospinale per individuare i casi asintomatici con interessamento del sistema nervoso centrale è raccomandato dal livello di evidenza di tipo C. Questa indagine può essere effettuata se il numero di piastrine è >20 x109/l. In casi con alta conta di blasti circolanti sussiste un rischio teorico di contaminazione liquorale da puntura lombare: la manovra quindi può essere eseguita subito dopo l’avvio della chemioterapia. Nei casi in cui l’esame morfologico del liquido cerebrospinale mostri un sospetto interessamento cerebrale della malattia, va eseguita una caratterizzazione immunofenotipica.
Adeguata manipolazione di campioni diagnostici:
I campioni di midollo e sangue periferico devono essere sottoposti alla colorazione diretta di May-Grunwald Giemsa ed alle reazioni citochimiche, mentre campioni eparinati dello stesso materiale vengono contemporaneamente utilizzati per l’mmunofenotipo e la citogenetica o le indagini di biologia molecolare complementari. Poiché l’analisi citogenetica e i test di biologia molecolare necessitano di maggior tempo, l’approccio diagnostico iniziale comprende la morfologia midollare e la valutazione immunofenotipica.
STADIAZIONE:
La LAL è una malattia disseminata sin dall’inizio. Così, sistemi di stadiazione come quelli utilizzati per altri tumori non risultano utili. Piuttosto, ogni quadro che rifletta una maggiore aggressività clinica dovrebbe essere considerato per una classificazione improntata al rischio.
PROGNOSI:
Fattori prognostici clinici:
I più importanti fattori prognostici sono l’età del paziente ed il numero totale di leucociti o blasti circolanti; questi fattori esercitano un effetto prognostico cumulativo ed indipendente, sia sulla risposta al ciclo di induzione sia sulla successiva fase di consolidamento della remissione
Età:
L’età influenza la sopravvivenza come variabile continua, senza un cut-off ben definito; in genere ad una maggiore età corrisponde una prognosi peggiore. Dal momento che l’età mediana dei pazienti è di circa 30 anni, si tende a considerare un valore di cut-off analogo (+/- 5 anni). Gli studi mostrano differenze significative nella durata di remissione e nella sopravvivenza in favore dei più giovani. I pazienti di 50-60 anni sono considerati a prognosi sfavorevole, con probabilità di sopravvivenza non oltre 0.20 a 3 anni, mentre i pazienti con età inferiore a 20 anni si comportano in modo simile ai casi pediatrici e probabilmente si giovano maggiormente dei programmi pediatrici. La cattiva prognosi dei pazienti anziani potrebbe essere correlata alla minore tolleranza a regimi terapeutici intensivi, alla presenza di comorbidità, e alla frequente associazione con t(9;22) nel sottogruppo LAL-B, con concomitante riduzione dell’incidenza del sottogruppo a miglior prognosi delle LAL-T.
Leucociti e blasti circolanti:
L’influenza prognostica negativa di un numero elevato di blasti riflette la presenza di una maggiore massa tumorale, com’ è stato confermato da tutti gli studi principali. I conteggi associati a differenze prognostiche significative sono stati stabiliti retrospettivamente, con punti di cut-off variabili e considerando sia la conta assoluta dei blasti (più o meno di 5-25×109/l) o I leucociti totali (più o meno di 5-50×109/l). L’utilizzo del numero di leucociti rispetto alla conta dei blasti è raccomandato con un livello di evidenza di tipo R, poichè che la differenziazione morfologica tra cellule blastiche leucemiche ed altre cellule reattive non leucemiche o cellule mononucleate atipiche può essere difficile.
Tempo alla remissione completa:
L’influenza prognostica negativa di un numero elevato di blasti riflette la presenza di una maggiore massa tumorale, com’ è stato confermato da tutti gli studi principali. I conteggi associati a differenze prognostiche significative sono stati stabiliti retrospettivamente, con punti di cut-off variabili e considerando sia la conta assoluta dei blasti (più o meno di 5-25×109/l) o I leucociti totali (più o meno di 5-50×109/l). L’utilizzo del numero di leucociti rispetto alla conta dei blasti è raccomandato con un livello di evidenza di tipo R, poichè che la differenziazione morfologica tra cellule blastiche leucemiche ed altre cellule reattive non leucemiche o cellule mononucleate atipiche può essere difficile.
Fattori prognostici biologici:
Si raccomanda con un livello di evidenza di tipo C di considerare immunofenotipo e citogenetica in modo congiunto, per identificare i diversi sottogruppi immuno-biologici di LAL. E’ importante riconoscere le sindromi di LAL con prognosi infausta, che quindi richiedono approcci terapeutici non convenzionali.
Immunofenotipo:
I moderni trattamenti aggressivi hanno migliorato la prognosi della LAL-B (EGIL B-IV) e della LAL-T, precedentemente associate ad una sopravvivenza libera da malattia (DFS) inferiore al 10%, ora del 50% e del 40-60% (LAL-T: non in tutti i sottogruppi fenotipici e non in tutti i maggiori studi). La prognosi della LAL ‘comune’ CD10+ (EGIL B-II) non è cambiata significativamente negli ultimi 15 anni ed il rateo di DFS è del 30-40%. Risultati migliori potrebbero essere ottenuti nella LAL B-II Ph-negativa e nella LAL B-I t(4;11)-negativa con blasti all’esordio <10-25×109/l, utilizzando programmi intensivi comprendenti antracicline ed antimetaboliti. A causa di una incidenza relativamente elevata nell’adulto (20-30%), la LAL-Ph+ costituisce l’evenienza peggiore, con una sopravvivenza a 5-10 anni dello o-15%. La LAL-Ph+ infatti può rispondere bene al trattamento di induzione ma si associa quasi invariabilmente alla recidiva entro un anno dalla diagnosi. L’effetto terapeutico dell’imatinib-mesilato (Glivec), un nuovo inibitore tirosinchinasico BCR-ABL-specifico, viene valutato nei pazienti con LAL-Ph+ in diversi studi clinici in corso. Altro tipo di LAL con cattiva prognosi è quello a fenotipo pro-B (EGIl B-I) con t(4;11), per il quale alcuni programmi terapeutici particolarmente intensivi con ciclofosfamide frazionata, citarabina e methotrexate sembrerebbero averne migliorata la prognosi.Tra le LAL-T, la prognosi è peggiore per la pro-T (EGIL T-I) e forse per la T matura (EGIL T-IV) rispetto agli altri fenotipi, ed in generale nei casi con leucociti >100×109/L. Il valore prognostico indipendente della citogenetica edell’immunofenotipo è stato provato in qualche studio, e sono in corso tentativi di suddividere i pazienti in diverse classi di rischio in funzione di queste variabili. L’espressione di antigeni mieloidi da parte dei blasti linfoidi, come CD13 e CD33 (LAL My+), e dell’antigene staminale CD34, sembra peggiorare la prognosi, in parte per l’associazione con altri fattori sfavorevoli (CD34 nella LAL Ph+).
Citogenetica e biologia molecolare:
Il cariotipo è un fattore estremamente importante. Due alterazioni cariotipiche sono state associate ad un possibile miglioramento prognostico nella LAL dell’adulto: la del(12) o t(12p)/t(12;21) nelle LAL-B e la t(10;14) nelle LAL-T. Queste anomalie tuttavia sono rare nell’adulto. La gran parte dei casi di LAL rientra nel gruppo a rischio intermedio. Il DFS è dello 0.35 o più (a 4 anni) nel gruppo con cariotipo diploide/iperdiploide/assenza di metafasi (rischio citogenetico intermedio-basso). Casi con t(1;19), trisomia 21, trisomia 8, del (9p) o t(9p), e del(6q) possono costituire un gruppo a rischio intermedio-alto. Infine, i pazienti con t(9;22) o con riarrangiamento BCR-ABL (LAL Ph+), con t(4;11) o riarrangiamenti di MLL, con monosomia 7 e ipodiploidia apparterrebbero alla categoria citogenetica ad alto rischio con una sopravvivenza libera da malattia non superiore al 25%, o 10% nei casi Ph+
Fattori predittivi
1 Meccanismi di farmacoresistenza:
Un meccanismo di farmacoresistenza ampiamente studiato è dovuto alla P-glicoproteina codificata dal gene di farmacoresistenza multipla (MDR1). Il fenotipo/genotipo MDR1+ si manifesta nel 30-40% dei casi di LAL, più frequentemente in quelli a cattiva prognosi e conferisce un certo rischio di resistenza al trattamento di induzione. Un aumento dell’espressione di MDR1 si è osservata in successive recidive. Anche la proteina associata alla MDR (MRP) e la LRP (lung-related protein) sono iperespresse alla recidiva (Burger 1994, Beck 1995). La coesistenza di questi ed altri meccanismi di farmacoresistenza è stata dimostrata. Altri studi sulla resistenza a singoli chemioterapici hanno permesso di rilevare una associazioni tra LAL refrattaria e resistenza al methotrexate od ai glucocorticoidi. La LAL Ph+ può essere resistente ai cortisonici ed esprimere la LRP. È possibile che gli studi di resistenza farmacologia divengano cruciali nel predire la risposta al trattamento ed portare all’uso di schemi di trattamento individualizzati, come già attuato con parziale successo nella LAL pediatrica (Evans 1998). Talora sono anche presenti mutazioni del gene p53 o altri geni coinvolti nella regolazione dell’apoptosi e nel controllo del ciclo cellulare. Le alterazioni genetiche associate con un outcome sfavorevole nella LAL dell’adulto interessano p53, Rb, p14, p15, p16, p21, HOX11L2 (ma non HOX11) nella LAL-T, caspasi 3, e calcitonina.malattia minima residua:
Il termine di malattia minima residua (MRD) definisce la presenza submicroscopica di LAL nel midollo osseo e/o nel sangue periferico di pazienti in RC. Un midollo in remissione (come i campioni di sangue periferico) può ancora contenere più di 1010 cellule leucemiche. La terapia di consolidamento e di mantenimento dovrebbe eliminare la MRD, mentre procedure di autotrapianto più sicure dovrebbero far affidamento su una minore contaminazione del midollo osseo o del sangue periferico. La persistenza di MRD durante il trattamento riflette un resistenza farmacologica intrinseca e preannuncia la recidiva. L’andamento della MRD durante i successivi cicli chemioterapici e/o prima e dopo il trapianto di cellule staminali può essere considerato il fattore predittivo più sensibile per la recidiva. Questo concetto è importante, perché altrimenti le strategie adattate al rischio sarebbero usate su modelli di rischio piuttosto inaccurati (nei quali circa il 40% dei casi a rischio standard ricade mentre, al contrario, non recidiva il 20% di quelli a rischio elevato). L’esperienza raccolta in studi pediatrici ed in alcuni studi nella LAL dell’adulto conferma queste ipotesi. Negli studi che hanno valutato la MRD, il valore predittivo della MRD a 3-12 mesi dalla RC era dell’ 80-90% per la remissione continua e dell’ 80% per la ricaduta nei pazienti MRD negativi e positivi, rispettivamente. A parte la tecnica FISH, vi sono due tecniche per l’applicazione clinica dello studio della MRD, e cioè immunofenotipo e biologia molecolare, con un livello di sensibilità tra <10-4-10-5 ed una applicabilità del 90%. Lo studio immunofenotipico si attua mediante citometria a flusso a canali multipli.
I fenotipi anomali riflettono una contaminazione da LAL, in base base a combinazioni diverse e/o espressioni asincrone e/o intensità di espressione dei diversi antigeni (linea-B: CD19/CD34/TdT/CD10/CD22/CD45/CD38/CD45; linea-T: TdT, CD2/cyt CD3/CD5/CD7 etc.). In alternativa, la PCR (polymerase chain reaction) e la nuova RQ-PCR (real-time quantitative PCR) permettono di individuare sequenze specifiche di DNA riarrangiato, con un livello di sensibilità <10-5. Possibili bersagli per PCR e RQ-PCR sono i riarrangiamenti associati con le più frequenti anomalie citogenetiche (linea-B: BCR-ABL per t(9;22), MLL-AF4 per t(4;11), TEL-AML1 per t(12;21), E2A-PBX1 per t(1;19), MYC-IgH per t(8;14); linea-T: RHOM2-TCRgamma per t(11;14), HOX11-TCRalpha per t(10;14), TAL1 deletion), oppure i riarrangiamenti delle immunoglobuline o di sequenze del recettore delle cellule T (TCRdelta e gamma, IgH, IgK-Kde), che sono unici per ciascun caso di LAL. In questi studi è obbligatorio ottenere due o più sonde per ogni caso, in previsione di una elevata percentuale di instabilità genomica che può comportare risultati falsamente negativi. Queste tecniche devono essere considerate criticamente nelle condizioni di altissimo rischio, come la LAL Ph+, dove l’ottenimento di uno stato di negatività MRD non è equivale alla cura, eccetto che dopo trapianto allogenico. Inoltre, sia l’ intervallo temporale che il numero dei test da eseguire probabilmente variano a seconda del sottotipo di LAL e del disegno dei protocolli di trattamento. Lo studio della MRD potrebbe diventare il più sensibile ed accurato strumento per predire il rischio di recidiva dei pazienti in RC, e quindi per guidare la scelta della miglior terapia postremissionale. Pertanto la valutazione della MRD è raccomandata con un livello di evidenza 3
Gruppi di rischio:
Le caratteristiche cliniche e diagnostiche all’esordio possono essere combinate per identificare diversi gruppi di rischio. Poiché un mancato raggiungimento di RC iniziale, come conseguenza di farmacoresistenza o morte in duzione, riguarda solo il 10-15% dei casi, questi modelli prognostici sono principalmente adatti a predire la durata di DFS a lungo termine. Poiché la sopravvivenza può variare a seconda delle caratteristiche diagnostiche, i pazienti che potrebbero beneficiare di regimi chemioterapici convenzionali dovrebbero essere chiaramente distinti da coloro per i quali sono indicate altre opzioni. Una volta ottenuta la RC con la terapia di induzione, i pazienti possono essere distinti in due o tre gruppi prognostici principali, che sono determinanti per le decisioni terapeutiche della fase post-remissionale:
-pazienti a rischio standard, es. con probabilità di DFS dello 0.50 o superiore.
-pazienti a rischio intermedio, con probabilità di DFS compresa tra 0.25 e 0.50
-pazienti ad alto rischio, con probabilità di DFS <0.25
In Europa, il modello di rischio tedesco ha ottenuto un ampio consenso e può essere considerato un sistema di riferimento. Sistemi leggermente diversi sono stati sviluppati da altri, con una progressiva tendenza ad includere dati citogenetici oltre ai comuni parametri clinici e immunofenotipici. Questi sistemi sono raccomandati come scelta standard con un livello di evidenza 3. E’ importante sottolineare che i gruppi di rischio predefiniti sono soggetti a cambiamenti a causa dei miglioramenti nei protocolli di trattamento, il che conferma l’ impatto prognostico primario della chemioterapia.
TRATTAMENTO:
La prevenzione ed il trattamento delle complicanze metaboliche sono i primi passi nell’approccio al paziente affetto da LAL.
Chemioterapia d’induzione della remissione:
Il primo passo terapeutico per la cura della LAL è l’ottenimento della RC, cioè la totale scomparsa di cellule leucemiche dal sangue periferico e dal midollo osseo. La maggior parte dei programmi terapeutici attuali sono incentrati sull’utilizzo della combinazione vincristina e prednisone (V+P) più una antraciclina (daunorubicina, DNR; adriamicina, ADR; rubidazone, RDZ; idarubicina, IDA), con una probabilità globale di RC di almeno l’80%. L’uso delle antracicline in aggiunta all’associazione V+P è raccomandato come trattamento standard con un livello di evidenza 2. Nello studio CALGB la DNR era somministrata in tre giorni consecutivi, ma in altri studi viene usata con schema settimanale. Uno studio randomizzato e una revisione hanno mostrato un vantaggio modesto dello schema a tre giorni consecutivi rispetto alla somministrazione settimanale di antracicline. La percentuale di risposta non è maggiore quando i chemioterapici antraciclino-simili (DNR, mitoxantrone) vengono somministrati in infusione continua piuttosto che in bolo. C’è inoltre incertezza su quale sia l’antraciclina preferibile. DNR e ADR possono essere considerati farmaci standard con un livello di evidenza di tipo C, mentre rubidazone, mitoxantrone ed IDA possono essere considerati appropriati per uso clinico con un livello di evidenza 2 o 3 (rubidazone). L’ IDA, se paragonata alla DNR ed alla ADR, potrebbe consentire un parziale superamento del meccanismo di farmacoresistenza multipla MDR1, almeno in vitro. Comunque, considerando l’elevata mielotossicità ed gli alti costi, l’uso di questo farmaco richiede un’ ulteriore valutazione. L’induzione basata su alte dosi di antraciclina è stata utilizzata con risultati eccellenti in uno studio monocentrico di fase II che ha coinvolto un numero limitato di pazienti. I dati emersi da studi più ampi mostrano risultati discordanti. Un utilizzo precoce e intensivo delle antracicline può incidere favorevolmente sul DFS dei casi a rischio standard di linea B. Il ruolo della DNR liposomiale deve essere chiarito. Altri studi hanno considerato il ruolo di un quarto, quinto o sesto farmaco nel ciclo di induzione, come L-asparaginasi, ciclofosfamide, citarabina (alte dosi), etoposide, topotecan. Nonostante percentuali simili di RC tra braccio sperimentale e controllo, ciclofosfamide e la L-asparaginasi sono comunemente comprese nei programmi d’induzione, dal momento che si pensa possino aumentare la qualità delle remissioni, se non il loro numero, o almeno agire favorevolmente sul DFS di alcuni sottogruppi a prognosi peggiore.
Comunque una sospensione precoce di asparaginasi per reazioni avverse non ha impatto significativo su RC o DFS. L’asparaginasi peghilata, con una attività superiore nella LAL refrattaria pediatrica e dell’adulto, dovuta a metabolismo più lungo, è in valutazione in diversi trials clinici. Gli schemi a quattro/cinque farmaci si associano ad una percentuale di RC > 80% in diversi studi non controllati. I programmi di induzione di questo tipo (German multicentre ALL/GMALL phase 1, CALGB, MDACC) possono attualmente essere considerati appropriati per l’utilizzo clinico con un livello di evidenza 3 per i pazienti a basso rischio, e trattamento standard con un livello di evidenza di tipo R per pazienti a rischio intermedio-alto. Con questi schemi, la RC dovrebbe ottenersi nel 75% o più dei pazienti a rischio intermedio e nel 90% dei pazienti a rischio standard . Non c’è finora alcuna dimostrazione che regimi ad alte dosi diversi da V+P + antraciclina +/- ciclofosfamide e/o L-asparaginasi siano da considerare superiori. Trattamenti intensivi (es. introducendo alte dosi di citarabina, alte dosi di mitoxantrone o metotrexate) possono risultare dannosi per l’aumento di tossicità da farmaci. Quindi, regimi d’induzione più aggressivi restano materia sperimentale. I pazienti con LAL tipo Burkitt (morfologia L3 con fenotipo B-maturo/EGIL B-IV) dovrebbero ricevere trattamenti con programmi specifici che comprendono alte dosi frazionate di ciclofosfamide, citarabina, methotrexate, epipodofilotossine, con un livello di evidenza 3. Lo schema Iper-CVAD associato a terapia antivirale può essere usato nei pazienti HIV+ che sviluppano una LAL-B L3.
Effetti collaterali e complicanze dei regimi d’induzione della remissione:
La depressione midollare con la prolungata neutropenia e piastrinopenia sono i maggiori effetti avversi dei programmi d’induzione. La mielotossicità è esacerbata dalle antracicline ed è più pronunciata quando vengono contemporaneamente utilizzati altri farmaci mielotossici, come la ciclofosfamide e la citosina arabinoside. Vi è un rischio definito di morte da complicanze infettive e/o emorragiche, compreso tra il 5-15%. Le complicanze non letali sono molto frequenti, in particolar modo le infezioni, che causano un ritardo del trattamento post-remissionale. Per questi motivi è fondamentale un corretta prevenzione di emorragie e infezioni. Le infezioni sono il problema più rilevante, che riguarda la maggior parte dei pazienti. La prevenzione delle emorragie da piastrinopenia si basa sulla trasfusione di piastrine, da unico o più donatori, in modo da mantenere la conta piastrinica >10 x109/l, o anche più alta in pazienti febbrili o infetti. La L-asparaginasi è epatotossica e inoltre può causare iperglicemia e alterazioni della sintesi dei fattori della coagulazione, compreso il fibrinogeno, l’antitrombina ed altri inibitori, il chè predispone ad eventi sia emorragici che trombotici. Se la concentrazione di fibrinogeno scende a 50×109/l, aggiustanto l’ APTT Ratio tra 1.5-2.
Fattori di crescita mieloide durante l’induzione della remissione:
Dal momento che il primo determinante delle complicanze infettive è la granulocitopenia assoluta, il fattore di crescita granulocitaria (granulocyte-colony stimulating factor, G-CSF) è stato recentemente aggiunto ai regimi d’induzione. Tre studi randomizzati hanno dimostrato, in pazienti trattati con G-CSF, qualche vantaggio in termini di percentuale di RC, tempo al recupero granulocitario >1×109/l, complicanze infettive e compliance alla chemioterapia. Essendo stati dimostrati sia la sicurezza del trattamento che la mancanza di effetti collaterali, l’uso di G-CSF 5 mg/kg/die in aggiunta alla terapia di induzione è raccomandato con un livello di evidenza 1, in particolare negli schemi più mielotossici che utilizzano antracicline in tre giorni consecutivi e negli anziani. La somministrazione tardiva di G-CSF, dal giorno 10 del ciclo di induzione, ridurrebbe il rischio di complicanze da neutropenia dopo Iper-CVAD. La crescita di blasti di LAL-Ph+ in rappoto a G-CSF è stata descritta in vitro, ma nonostante ciò nessuna correlazione è stata osservata in vivo.
Principi di terapia post-remissionale
Terapia di consolidamento:
L’opinione generale è che una terapia di consolidamento/intensificazione post-remissionale, da somministrata precocemente e prima del mantenimento standard, migliora le possibilità di DFS, soprattutto nei gruppi ad alto rischio. La terapia di consolidamento post-RC è considerata un trattamento standard con un livello di evidenza di tipo C. Tuttavia, non sono noti nè il miglior tipo nè la durata ottimale di questa fase. Diversi programmi, alcuni dei quali ancora prelimari, sono particolarmente promettenti, alcuni derivati dai primi studi GMALL o da altri schemi, ma finora senza un chiaro miglioramento prognostico rispetto agli studi precedenti. L’intensificazione con antracicline può essere determinante nella LAL-B a rischio standard e, insieme alle alte dosi di citarabina, nella LAL-T. Una caratteristica generale di questi programmi è l’utilizzo alternato di farmaci attivi ad un dosaggio variabile per alcuni mesi.
Profilassi del sistema nervoso centrale (SNC) :
La profilassi della LAL nel SNC è il trattamento standard raccomandato con un livello di evidenza di tipo C. I pazienti adulti con LAL non sottoposti a profilassi precoce del SNC possono manifestare un coinvolgimento meningeo o neurologico prima della recidiva midollare. Il rischio cumulativo di interessamento del SNC, in assenza di un trattamento profilattico, può essere superiore al 30% (7% durante l’induzione, 14% in remissione e 5% contemporaneamente a recidiva midolare). Il rischio è più alto nei casi con LAL-T, LAL-B matura, leucocitosi, levato LDH e rapida proliferazione cellulare (indice S+G2M >14%). L’identificazione di fattori di rischio per il coinvolgimento del SNC è cruciale, per evitare trattamenti tossici non strettamente necessari nei casi a basso rischio. Il tipo e l’intensità della profilassi del SNC influenza le percentuali di recidiva meningea, che variano dal 13-15% con terapia intratecale con/senza irradiazione craniale o con la sola chemioterapia sistemica ad alte dosi (citarabina, metotrexate), all’ 8% con la terapia intratecale più chemioterapia sistemica, al 5% con la combinazione chemioterapia intratecale, sistemica ad alte dosi e irradiazione encefalica. Si raccomanda quindi, con un livello di evidenza di tipo C, come scelta standard per la prevenzione dell’interessamento SNC una terapia intratecale con metotrexate o con trattamento triplo (metotrexate+citarabina+corticosteroidi) più radioterapia cranica (molti utilizzano 24 Gy somministrati ogni 15-20 giorni, ma anche 18 Gy sono efficaci) (Pinkel 1994). Non è ancora chiaro se un regime di consolidamento che includa alte dosi di citarabina e metotrexate possa sostituire la terapia intratecale e potrebbe essere considerato appropriato per uso clinico individualizzato. Le stesse conclusioni possono applicarsi al ruolo dell’irradiazione encefalica nei pazienti trattati con alte dosi di citarabina o metotrexate. La modalità di profilassi combinata intratecale-sistemica-radiante è molto efficace ma potrebbe aumentare la neurotossicità associata, nonostante questo tipo di conseguenze siano poco note negli adulti rispetto ai bambini. L’utilizzo di 18 Gy anzichè 24 Gy può ridurre la tossicità. La terapia intratecale dovrebbe iniziare precocemente durante il ciclo di induzione e continuare fino al completamento del consolidamento, o più a lungo (più di 2 anni) nei pazienti che non abbiano ricevuto l’irradiazione cranica, particolarmente in presenza di fattori di rischio. Il ritardo della profilassi del SNC aumenta la percentuale di recidive meningee. L’imatinib mesilato non pare attivo nella prevenzione dell’interessamento meningeo nei casi di LAL Ph+
Terapia di mantenimento:
La terapia di mantenimento consiste nella somministrazione prolungata di mercaptopurina e methotrexate, talora con cicli periodici con vincristina e prednisone. Il ruolo esatto della terapia di mantenimento standard non è definito, ma l’assenza di questa fase è stata generalmente associata a risultati inferiori, nella quale la terapia di mentenimento non è più considerata necessaria. Perciò, la fase di terapia di mantenimento prolungata, dopo i trattamenti ad intensità standard, viene considerata la terapia standard con un livello di evidenza di tipo C. La ripetizione di cicli di consolidamento durante terapia di mantenimento è ancora sperimentale.
-Principi di terapia mieloablativa con reinfusione di cellule staminali emopoietiche
Reinfusione di cellule staminali emopoietiche autologhe ed allogeniche:
Il rapporto lineare tra dosaggio di chemioterapici e risposta tumorale ha indotto lo sviluppo dei trattamenti ad alte dosi. Ciò tuttavia richiede, per garantire la sopravvivenza del paziente, la reinfusione di cellule emopoietiche staminali, di midollo osseo (BM) o sangue periferico (BSC), ottenute sia da famigliari completamente/parzialmente istocompatibili che da donatori volontari non consanguinei, oppure prelevate dal paziente stesso in fase di remissione. Queste procedure sono note come trapianto di cellule staminali allogeniche o autologhe. Nel trapianto allogenico, l’effetto antileucemico è strettamente legato alla malattia contro l’ospite (GVH). Il trapianto di cellule staminali CD34+ da sangue periferico offre vantaggi in termini di recupero ematologico ed immunologico, specialmente nel trapianto autologo, riducendo in tal modo la tossicità da chemioterapia. Le cellule staminali CD34+ si ottengono dai donatori con una breve somministrazione di fattori di crescita mieloide (es. G-CSF o GM-CSF), e nei pazienti in remissione dopo terapia di consolidamento più fattore di crescita.
Purificazione di cellule staminali autologhe:
Nel setting del trapianto autologo, la contaminazione della raccolta da parte della malattia minima residua è possibile ed è considerata in parte responsabile di una successiva recidiva. Per ridurre tale rischio, le cellule staminali possono essere sottoposte a trattamento in vitro con anticorpi monoclonali, farmaci (mafosfamide), o entrambi i metodi. Mentre questi sforzi sono teoricamente utili, l’evidenza clinica in loro favore è ancora molto debole, e la procedura di purificazione si considera appropriata per utilizzo clinico individualizzato in pazienti selezionati (altissimo rischio, malattia minima residua) con un livello d’evidenza 3.
Ruolo del regime di condizionamento:
Gli sforzi per migliorare il regime di condizionamento tradizionale (ciclofosfamide + irradiazione corporea totale/TBI) riguardano la riduzione della tossicità ed del rischio di recidiva. L’uso della citarabina arabinoside al dosaggio di 3 g/m2/dose (generalmente per 12 dosi consecutive in sei giorni) si associa a minore rischio di recidiva ma comporta una maggiore incidenza di tossicità, cosicchè la sopravvivenza globale è immodificata. Con un livello di evidenza 3, questo programma può essere considerato appropriato per uso clinico individualizzato nei pazienti più giovani ad alto rischio di recidiva. Anche l’aggiunta del melfalan (140 mg/m2) è molto efficace in termini di riduzione delle recidive ma causa una maggiore tossicità.Con riferimento ai regimi terapeutici senza TBI nel setting del trapianto allogenico, uno studio retrospettivo Europeo non ha mostrato differenze significative con e senza TBI, cossichè i regimi privi di TBI sono appropriati per un uso clinico individualizzato con un livello di evidenza 3. Il regime con busulfano-ciclofosfamide è peraltro associato ad una maggiore incidenza di malattia veno-occlusiva. Una seconda analisi retrospettiva ha mostrato un vantaggio per il condizionamento con TBI (sopravvivenza 63% contro 41%). Il condizionamento con TBI viene così considerato appropriato per uso clinico individualizzato per le procedure di autotrapianto con un livello di evidenza 3. Una recente revisione depone a favore della superiorità teorica di regimi iperfrazionati con dose totale elevata di radioterapia (superiore a 15 Gy). Poiché la radioterapia non è cross-resistente con i farmaci chemioterapici, l’aumento della dose di TBI può essere appropriato per uso clinico individualizzato con un livello di evidenza 3, nei pazienti ad alto rischio, nei sottogruppi con LAL-T CD3+ radioresistente e LAL-B CD24-. Regimi di condizionamento intensificati, con TBI, hanno mostrato notevole efficacia nella LAL Ph+ e dovrebbero essere argomento di ulteriori studi. Un studio clinico che coinvolge Europa e Nordamerica ha recentemente adottato un regime di condizionamento con etoposide e TBI (13.2 Gy), sia nel trapianto allogenico che autologo. Il ruolo del trapianto di cellule staminali nella LAL dell’adulto dopo condizionamento non mieloablativo non è attualmente noto, e quindi questa procedura dovrebbe essere considerata come opzionale per i pazienti con controindicazioni alla terapia standard mieloablativa.
Terapia di supporto
Prevenzione e trattamento delle complicanze metaboliche:
Una alterata funzionalità renale, spesso correlata con iperuricemia, si osserva frequentemente nei pazienti con LAL, in particolare nella LAL-B matura e nella LAL-T con iperleucocitosi. L’iperuricemia e l’insufficienza renale possono peggiorare durante la terapia in conseguenza di rapida citolisi. Si raccomand aquindi un adeguato monitoraggio con misure di prevenzion, in particolare nei pazienti a rischio con creatininemia > 1.6 mg/dl, acido urico > 8 mg/dl, iperkaliemia e iperfosfatemia. La somministrazione di liquidi per via parenterale deve essere tale da garantire una diuresi di 100 ml/h. L’ allopurinolo (100mg ogni 8 ore) riduce il danno renale da urati. L’urato ossidasi ricombinante (Rasburicasi), è un nuovo potente agente uricolitico, il cui uso può essere raccomandato con un livello di evidenza 2 per il trattamento di pazienti con severa iperuricemia e/o alto rischio di sviluppare una sindrome da lisi tumorale.Trattamento delle infezioni:
Il rischio infettivo è principalmente correlatato ad una neutropenia severa (< 0.5 x 109/l). Altri fattori favorenti sono la mucosite, l’uso di accessi venosi permanenti, l’ospedalizzazione e l’esposizione a patogeni ambientali come miceti e Pseudomonas. Poiché la reazione febbrile può minima o assente in pazienti severamente neutropenici, oppure essere mascherata dalla concomitante somministrazione di corticosteroidi, si deve considerare la possibilità di una infezione anche in pazienti apiretici con malessere generale, ipotensione, ulcere mucose, alterazioni della cute che copre il tragitto del catetere venoso. La valutazione del paziente a rischio include l’esame della cavità orale, del perineo, la radiogrfia del torace, l’urinocoltura e le emocolture. Nella LAL l’incidenza delle infezioni varia ampiamente in base all’età del paziente ed all’intensità del trattamento. Durante l’induzione l’incidenza può variare dal 30 al 100%, e nella terapia di consolidamento e mantenimento tra il 3 ed il 75%. La percentuale di decessi per infezione in induzione è circa del 6%, del 3% durante il consolidamento, del 5% nel trapianto autologo e del 18% in quello allogenico. La percentuale di mortalità nei pazienti allotrapiantati che sviluppano una polmonite interstiziale è del 10%. In passato le infezioni più gravi erano dovute a Gram negativi quali E. Coli, K. Pneumoniae e P. Aeruginosa. Negli ultimi anni è stata osservato un aumento dell’incidenza delle infezioni fungine (soprattutto Candida ed Aspergillo) e da bacilli Gram positivi. Pneumocystis carinii è un altro importante patogeno opportunista nei pazienti immunodepressi. I comuni patogeni virali sono herpes simplex, citomegalovirus, varicella-zoster ed il virus di Epstein-Barr. Le attuali indicazioni sull’uso della terapia antimicrobica in pazienti oncologici con neutropenia, e soprattutto nei pazienti con leucemia, dovrebbero essere applicate con un livello d’evidenza di tipo C. La profilassi antimicrobica permette una riduzione dell’incidenza di alcune infezioni, nonostante possa causare la selezione di microrganismi resistenti. Quindi, l’uso di fluorochinolonici orali per prevenire le infezioni da Gram negativi può essere considerato appropriato per uso clinico individualizzato, con un livello d’evidenza 3, nei pazienti severamente neutropenici per oltre 7 giorni, o quando ci sia un alto rischio d’infezione da Pseudomonas.
Il trattamento empirico standard, con un livello di evidenza di tipo C, nei pazienti febbrili, è la monoterapia con una cefalosporina di terza generazione o con un carbapenemico o, meglio ancora, una terapia combinata. In questo caso, si raccomanda l’uso di un antibiotico anti Pseudomonas (penicillina ad ampio spettro o cefalosporina di nuova generazione) più un aminoglicoside. L’aggiunta di un terzo antibiotico per batteri Gram positivi (vancomicina o teicoplanina) o di un antifungino (anfotericina B, anfotericina B liposomiale), o ulteriori modifiche della terapia iniziale (imipenem, aztreonam, metronidazolo, clindamicina, cotrimosazolo), è appropriato per uso clinico individualizzato sulla base di indagini microbiologiche e dell’andamento clinico. L’uso routinario della vancomicina, senza infezione del catetere, non è raccomandato con un livello di evidenza 1. La persistenza di febbre in assenza di isolamenti microbiologici richiede la ricerca di infezioni fungine profonde, di eventuali infezioni virali e di cause non infettive come le reazione a farmaci o la sindrome da recupero ematologico. L’uso profilattico dei nuovi azolici (fluconazolo ed itraconazolo) non è stato ancora associato ad una chiara riduzione dell’infeziosità e dell’uso terapeutico di anfotericina B. L’utilizzo profilattico di questi farmaci dovrebbe essere considerato appropriato per uso clinico individualizzato con un livello di evidenza di tipo R. La terapia antimicotica empirica va iniziata in caso di febbre per oltre 3-5 giorni dopo l’avvio della terapia antibiotica ad ampio spettro. Le infezioni da virus herpetici si trattano con acyclovir. La profilassi con acyclovir orale, nei pazienti con sierologia positiva per HSV, è raccomandata con un livello di evidenza 2. L’infezione da citomegalovirus si tratta con immunoglobuline, ganciclovir o foscarnet, e, nei pazienti CMV negativi, con la trasfusione di emoderivati da donatori CMV negativi. L’infezione da VZV si tratta con acyclovir per via endovenosa. La somministrazione precoce di immunoglobuline anti VZV (entro 96 ore) è raccomandata per ridurre il rischio di infezione dopo esposizione.
Trattamento delle alterazioni della coagulazione:
Il sanguinamento da piastrinopenia si previene con regolari trasfusioni di piastrine da singolo donatore o da pool, in modo da mantenere un conteggio >10 x109/l. Il sanguinamento è infrequente nei pazienti apiretici con piastrine >10×109/l e fibrinogeno nella norma. La L-asparaginasi è epatotossica e può causare iperglicemia e alterazioni nella sintesi dei fattori della coagulazione, compreso il fibrinogeno, l’antitrombina e altri inibitori, che predispongono ad eventi sia trombotici che emorragici. Se il livello di fibrinogeno scende al di sotto di 50 mg/dl o si verificano altri problemi emostatici non dovuti alla trombocitopenia, viene raccomandata la sospensione della L-asparaginasi. La somministrazione di plasma fresco congelato è appropriata nel caso di sanguinamento maggiore e ridotto fibrinogeno, prima di una coagulazione intravascolare disseminata (DIC) clinicamente rilevante. La somministrazione di eparina non è raccomandata nei pazienti piastrinopenici con o senza DIC, ma può essere appropriata in caso di trombosi cerebrale (con piastrine >50×109/l), aggiustanto l’ APTT Ratio tra 1.5-2.
Strategia generale di trattamento:
Una terapia di supporto ottimale è il primo intervento richiesto per tutti i pazienti. I programmi d’induzione convenzionali basati sulla combinazione di vincristina e prednisone più un’antraciclina sono il trattamento standard con un livello di evidenza 2. L’aggiunta di un quarto o quinto farmaco, come la L-asparaginasi e la ciclofosfamide, nelprogramma di induzione può essere considerato appropriato per uso clinico individualizzato, con un livello di evidenza 3, per i pazienti a basso rischio e raccomandato come trattamento standard, con un livello di evidenza di tipo R, nei pazienti a rischio intermedio ed alto. L’aumento dell’ intensità del trattamento oltre questo limite (per esempio con citarabina ad alte dosi, methotrexate) può essere controindicato per l’aumento della tossicità. Non c’è finora alcuna dimostrazione che regimi ad alte dosi diversi da V+P + antraciclina +/- ciclofosfamide e/o L-asparaginasi siano superiori. Questi regimi restano materia di studio. L’ utilizzo del G-CSF alle dosi di 5 mg/Kg/die in aggiunta alla terapia di induzione è raccomandato con un livello di evidenza 1, in particolar modo negli schemi più mielotossici che utilizzano antracicline in tre giorni consecutivi e negli anziani. La profilassi precoce del SNC durante il ciclo di induzione è il trattamento standard con un livello di evidenza di tipo C.
Strategia postremissione: approcci differenti per classi di rischio o trattameno uniforme?
Sono possibili tre diversi approcci post-remissionali, nessuno dei quali si è finora dimostrato superiore. La prima opzione è incentrata sulla classe di rischio clinico, e comporta la variazione del tipo e della intensità del trattamento in funzione della classe di rischio. I pazienti a rischio basso-intermedio e/o con caratteristiche diagnostiche particolari (es. LAL-T, LAL-B) sono trattati con programmi chemioterapici che incorporano elementi specifici, mentre le terapie ad alte dosi con trapianto sono riservati ai sottogruppi ad alto rischio. Questa strategia sviluppata nell’ultimo decennio dal gruppo GMALL ed altri, è soggetta a modifiche considerando il ruolo predittivo per la ricaduta della malattia minima residua . La seconda opzione comporta una comparazione diretta (randomizzazione) tra i vari trattamenti, cercando in primo luogo di definire quale sia il migliore. Alcuni studi sono stati pubblicati e aggiornati and some are ongoing. Questa seconda opzione comporta un rischio di sovratrattamento per molti pazienti a basso rischio, considerando una mortalità da trapianto che può arrivare al 21%. La terza possibilità consiste nell’applicazione di una chemioterapia o di un regime basato sull’autotrapianto, ricorrendo al trapianto allogenico solo nei casi ad altissimo rischio come quelli con LAL Ph+ e LAL t(4;11). In questi studi, il ruolo esatto del trapianto autologo e del mantenimento post-trapianto non è definito.
Strategia postremissionale per pazienti a basso rischio:
Un programma di chemioterapia standard viene considerato adeguato per i pazienti con LAL a basso rischio con un livello di evidenza di tipo C. Una terapia di mantenimento prolungata, dopo consolidamento, è considerata terapia standard con un livello di evidenza di tipo C, eccetto che per la LAL-B matura. Il trapianto di midollo allogenico non è considerato necessario, non essendovi esperienze che ne dimostrino la chiara superiorità. Per questi pazienti, il ruolo di un trattamento ad alte dosi in prima remissione è in fase sperimentale
Strategia postremissionale per pazienti a rischio intermedio:
Per i pazienti a rischio intermedio, il trattamento standard con un livello di evidenza di tipo C è l’utilizzo di programmi innovativi di consolidamento intensificato. L’introduzione in questi regimi delle alte dosi di citarabina arabinoside (da 4 a 12 dosi, da 1 a 3 g/m2 per singola dose), alte dosi di metotrexate (da 1 a 8 gr/m2) o alte dosi di etoposide è appropriato per uso clinico individualizzato con un livello di evidenza 3. Recenti studi con trapianto allogenico mostrano una percentuale di sopravvivenza libera da malattia a 3 e 5 anni del 44% e 66% ma confronti con gruppi simili, trattati con chemioterapia, non documentano un vantaggio significativo. Quindi, l’intensificazione con alte dosi e supporto di cellule staminali è sperimentale o appropriata per uso clinico individualizzato secondo il livello di evidenza 3. E’anche prevedibile che, grazie agli studi sulla malattia minima residua e sugli aspetti biologici della LAL, i pazienti appartenenti al gruppo a rischio intermedio potranno eventualmente essere raggruppati nei sottogruppi a basso o alto rischio.
Strategia postremissionale per pazienti ad alto rischio:
Per i casi ad alto rischio , e particolarmente per la LAL Ph+, il trattamento ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe o preferibilmente allogeniche potrebbe essere considerato il trattamento standard con un livello di evidenza di tipo R, con una sopravvivenza del 33-58% nel trapianto allogenico rispetto a meno del 20% con la chemioterapia. I risultati sono generalmente migliori nel sottogruppo Ph- rispetto al Ph+. L’impatto di un miglior regime di condizionamento per la LAL Ph+, che include le alte dosi di etoposide e la TBI iperfrazionata (13.2 Gy) (Snyder 1999), è in valutazione in un ampio studio prospettico (Durrant 2000). Where feasible,allogeneic rather than autologous BMT is suitable for individual clinical use on a type 2 level of evidence. Autologous haematopoietic stem cell support may be suitable for individual clinical use in patients with high-risk features lacking compatible donors , although its superiority over chemotherapy was never proven in comparative clinical trials. Prolonged survival could be obtained in a small fraction of very high-risk patients with Ph+ ALL using a purged autograft with a double autotransplantation procedure (Martin 1999, Atta 2000). Partially matched related donor and matched unrelated donor allogeneic BMTs may be considered investigational in patients with high-risk features lacking compatible donors, and might be especially indicated in those with Ph+ ALL. The role, if any, of haploidentical mismatch transplantation in adult ALL is still totally unknown.
Quando possibile, il trapianto allogenico piuttosto dell’ autologo è appropriato per uso clinico individualizzato con un livello di evidenza 2. Nei pazienti ad alto rischio senza donatori compatibili, il supporto di cellule staminali autologhe può essere considerato appropriato per uso clinico individualizzato, nonostante nessun trial clinico abbia dimostrato una sucura efficacia di questo approccio in questa classe di rischio. Un prolungamento della sopravvivenza, in un piccolo gruppo di pazienti con LAL Ph+, potrebbe essere ottenuto con doppio trapianto autologo di cellule staminali purificate. Il trapianto allogenico da donatore familiare parzialmente compatibile o da donatore compatibile non familiare potrebbe essere considerato sperimentale in pazienti ad alto rischio senza donatore compatibile, ed è specialmente indicato nei casi Ph+. Non si conosce ancora iI ruolo del trapianto aploidentico nella LAL.
LAL nell’anziano:
I pazienti con età >60 anni costituiscono un gruppo prognostico particolare con percentuali di remissione e sopravvivenza inferiori. L’incidenza della LAL dell’anziano varia dal 15 al 31% nell’ambito degli studi clinici sulla LAL dell’adulto; il valore più alto riguarda uno studio di popolazione. La percentuale di remissione in questo gruppo, utilizzando protocolli con quattro o cinque farmaci, varia dal 39% al 77%. Tuttavia, la durata della remissione e della sopravvivenza, nonostante la somministrazione di più farmaci e di un consolidamento relativamente intensivo, risulta essere <10% a 3 anni in tre studi e solo 5% a 5 anni in uno studio più recente. In un sottogruppo di pazienti relativamente più giovani (50-65 anni), il gruppo GMALL, con il protocollo 04/89, ha riportato un miglioramento di DFS: 31% a 3 anni. In conclusione, il trattamento standard nei pazienti anziani, con un livello dievidenza di tipo R, dovrebbe includere un ciclo d’induzione a dosi convenzionali, mantenimento e maintenance come nei pazienti più giovani. Tuttavia, le riduzioni delle dosi sono frequenti poiché difficilmente i pazienti più anziani tollerano dosaggi pieni. La somministrazione del fattore di crescita granulocitario nei pazienti anziani è raccomandato con un livello di evidenza 2.
LAL in gravidanza:
Poiché i chemioterapici utilizzati nella LAL sono teratogeni, soprattutto gli antifolici e gli alchilanti, la gravidanza non é raccomandato durante il trattamento, in particolare nel primo trimestre, con un livello di evidenza di tipo C. Se, tuttavia, la gravidanza è assolutamente desiderata, il successivo trattamento non dovrebbe essere rimandato poichè ciò riduce significativamente le possibilità di cura della madre. Il trattamento standard di questi casi, considerando la classe di rischio del paziente, dovrebbe cercare di evitare i farmaci più tossici come antifolati, alchilanti e la radioterapia. Durante ogni ciclo di chemioterapia è stato osservato un transitorio oligoidramnios del feto. Non appena il feto raggiunge il limite della vitalità, è consigliato indurre il parto od il parto cesareo.Criteri di risposta e ristadiazione
Definizione di risposta:
La risposta completa alla chemioterapia di induzione viene definita remissione completa (RC). La RC si ottiene quando il paziente è in buone condizioni, con emoglobina >10 g/dl e piastrine 100 x109/l (no trasfusioni), neutrofili >1.5 x109/l, e assenza di blasti circolanti o nel liqido cerebrospinale o in sedi extramidollari precedentemente interessate, con midollo osseo normocellulare o ipocellulare (in rigenerazione, con cellularità >25%) ed evidenza di emopoiesi normale e blasti 25% definisce la refrattarietà primaria della malattia. L’altro tipo di mancata risposta è dato dalla morte per complicanze durante il trattamento. La recidiva di LAL viene diagnosticata quando si osserva nel midollo una quota di blasti > 5%, o quando si documenta la presenza di cellule leucemiche nel liquor o in altre sedi extramidollari.
Strategia di ristadiazione e problemi di valutazione della risposta:
Si raccomanda di eseguire l’analisi morfologica del midollo al termine del ciclo d’induzione, tra i giorni 21-28 o più tardi nei pazienti che mostrano un lento recupero ematologico. L’uso di criteri standardizzati per la valutazione della risposta è importante, dato che un risposta tardiva (oltre 4 settimane) si associa ad un peggioramento prognostico. La biopsia midollare è raramente necessaria, ma è raccomandata nei casi dubbi o quando l’aspirato midollare mostra un’ ipocellularità senza chiara evidenza di malattia. Gli studi con sondeimmunologiche o molecolari possono risultare utili: queste tecniche sono investigazionali e permettono un’identificazione precisa della malattia residua rispetto alla semplice indagine morfologica. La sopravvivenza globale viene calcolata dalla data della diagnosi alla morte per qualsiasi causa. La durata della RC è calcolata dalla data della remissione alla ricaduta in qualsiasi sede, alla morte in remissione o all’ultimo follow-up. Negli studi di chemioterapia, i pazienti persi al follow-up o sottoposti a trapianto vengono censurati al momento di questi eventi per valutare e confrontare i risultati in gruppi prognostici differenti. Per valutare e confrontare i risultati in gruppi prognostici differenti si adottano vari metodi statistici: analisi di Kaplan-Meier (curve attuariali di DFS e sopravvivenza), analisi logrank (confronto tra curve), il modello di rischio di Cox (analisi multivariata), il test di Fisher od il test del chi-quadrato con correzione di Yates (analisi bifattoriale).
Terapia di salvataggio
Chemioterapia della recidiva:
Il primo passo nel trattamento di una recidiva di LAL è la conferma della diagnosi iniziale escludendo che si tratti di una leucemia secondaria, per iniziare un programma di salvataggio. La risposta ai programmi di reinduzione varia, ma i migliori risultati si ottengono quando farmaci quali antracicline, mitoxantrone, AMSA, veleni del fuso mitotico e podofillotossine vengono associati a dosi intermedio-alte di citarabina (o Ara-C). Quindi, i programmi di reinduzione includono dosi intermedio-alte di Ara-C come trattamento standard con un livello di evidenza di tipo R. Questi trattamenti consentono di ottenere una seconda RC nel 37%-75% dei casi. Sfortunatamente le percentuali di risposte a lungo termine con la chemioterapia sono meno del 10% e la durata mediana della seconda remissione è molto breve (circa 3 mesi quando la recidiva si verifica dopo regimi di prima linea intensificati), nonostante possa variare tra i 2-11 mesi a seconda dei fattori di rischio (RC iniziale 40 anni, blasti in circolo).
Trapianto di cellule staminali come terapia di salvataggio:
Poiché solo con il trapianto allogenico è possibile curare una quota di pazienti recidivati, la ricerca di un donatore compatibile, nei pazienti eleggibili in prima recidiva, è raccomandata con un livello di evidenza di tipo R. Per i pazienti che non dispongono di un donatore famigliare compatibile, vi è qualche possibilità utilizzando donatori famigliari parzialmente compatibili o donatori non consanguinei compatibili, e questo è appropriato per uso clinico individualizzato con un livello di evidenza 3. Il problema maggiore è che molti pazienti non dispongono di un donatore famigliare, che un donatore volontario compatibile si trova rapidamente in pochi casi, e che i pazienti riferiti al centro trapianto possono subire ritardi per complicanze mediche o logistiche. Il trapianto autologo di BM/BSC può ritenersi appropriato per uso clinico individualizzato nei pazienti ad alto rischio privi di un donatore compatibile. In studi recenti non sono emerse differenze significative tra chemioterapia e autotrapianto, mentre i dati in favore del trapianto allogenico, con poche eccezioni, sono risultati migliori ma relativamente modesti. Una revisione dell’esperienza europea conferma che la DFS nei pazienti con LAL in stadio avanzato sottoposti a trapianto allogenico è significativamente migliore se il regime di condizionamento prevede TBI. Poiché le cellule linfoidi sono soppresse da dosi di almeno 15 Gy, si raccomandano dosi di TBI superiori a 12 Gy con un livello di evidenza di tipo R, in particolar modo nel trapianto autologo, dove il rischio di polmonite interstiziale è minore. L’aumento della dose di radiazioni sul tessuto emopoietico, attraverso una tecnica combinata di TBI esterna più anticorpo monoclonale anti-CD45 marcato con I131, resta da valutare. Nei casi con caratteristiche a basso rischio (età 12-18 mesi), una strategia di ritrattamento ad intensità intermedia con regimi contenenti alte dosi di citarabina, può essere considerata appropriata per uso clinico individualizzato con un livello di evidenza di tipo R, per evitare i rischi connessi ad un trapianto allogenico.
Salvataggio della malattia refrattaria
L’incidenza di LAL refrattaria con i moderni regimi può essere inferioe al 5% ed in generale non supera il 10%. Per i pazienti eleggibili, la ricerca di un donatore di midollo osseo o, alternativamente, il trapianto autologo sono appropriati per un uso clinico non standard con un livello di evidenza di tipo R. Il trapianto allogenico può essere appropriato per uso clinico individualizzato in pazienti con caratteristiche ad alto rischio e senza donatore famigliare compatibile. Regimi di salvataggio comprendenti alte dosi di Ara-C più mitoxantrone e fludarabina (RC 50%) e altri trattamenti sperimentali (link 6.14) possono essere considerati appropriati per uso clinico individualizzato, con un livello di evidenza 3, nei pazienti che non sono candidati a terapia mieloablativa (Hiddemann 1990,Kern 2001 , Garcia-Manero 2001).
Bioterapia
Terapia biologica:
Dati i notevoli progressi delle conoscenze immunologiche e farmacologiche, è consigliabile sfruttare le nuove strategie biologicamente orientate. Use of myeloid cell growth factors, tracking of minimal residual disease, and BM/BSC in vitro purging procedures are aspects of this topic already covered in previous sections. Another point of interest was the demonstration that ALL cells may be susceptible to lysis by autologous LAK (lymphokine activated killer cells) or cytotoxic T lymphocytes (CTL) generated by using the CD40-stimulating strategy generated with interleukin-2, although not always and without clear correlation with clinical outcome. Interestingly, drug-resistant blasts are less sensitive to cell-mediated cytotoxicity too. Adoptive LAK/T cell therapy can be considered investigational or suitable for individual clinical use in selected patients (LAK/CTL-susceptible ALL) on a type 3 level of evidence. Indeed, the results of a randomized trial did not support any role for IL-2 in this disease (Attal 1995). Treatment with alpha-interferon (IFN) was advocated for Ph+ ALL and can be considered investigational or suitable for individual clinical use in selected patients (Ph+ ALL) on a type R basis. L’uso di fattori di crescita mieloidi, lo studio della malattia minima residua, le procedure di purificazione in vitro delle cellule staminali sono aspetti già trattati nelle precedenti sezioni. Un altro punto interessante è il fatto che le cellule di LAL sono suscettibili alla lisi da LAK autologhe (cellule killer attivate da linfochine) o linfociti T citotossici (CTL) generati stimolando l’antigene recettoriale CD40 con IL-2, nonostante finora non ci siano correlazioni cliniche. Interessante è anche il fatto che i blasti farmaco-resistenti sarebbero meno sensibili alla citotossicità cellula-mediata. La terapia cellulare con LAK/CTT può essere considerata investigazionale o appropriata per uso clinico individualizzato in pazienti selezionati (LAL suscettibili a LAK/CTL, con malattia avanzata) con un livello di evidenza 3. Purtroppo, i risultati di uno studio randomizzato non supportano il ruolo dell’IL-2 in questa malattia. Il trattamento con INF-alfa può essere considerato sperimentale o appropriato per uso clinico individualizzato in pazienti selezionati (LAL Ph+) con un livello di evidenza di tipo R.
Indicazioni per la terapia biologica:
L’uso dell’IL-2 e dell’interferone alfa (LAL Ph+), inibitori della resistenza ai farmaci e induttori di apoptosi (IL-4 può indurre apoptosi nella LAL a precursori B) potrebbe risultare utile. L’Il-2 è stata utilizzata per generare cellule killer da midollo osseo mantenuto in coltura per il trapianto autologo. Poichè la tossicità di questi agenti a breve e lungo termine è poco conosciuta, questi studi richiedono un’attenta programmazione e supervisione, e sono da considerare sperimentali. Analogamente, anche gli oligonucleotidi antisenso dovrebbero essere sottoposti a ulteriori test clinici. La selezione positiva di cellule staminali emopoietiche CD34+ per autotrapianto si sviluppa in accordo alla correlazione tra presenza di cellule LAL residue e successiva recidiva. Risultati preliminare di studi pilota sulla LAL Ph+ indicano che sia il purging immunomagnetico del midollo osseo sia la raccolta di cellule staminali possono talora risultare in una minore contaminazione di trascritto BCR-ABL rispetto alla condizione di base ed al midollo osseo, rispettivamente. Di conseguenza, sono indicati studi clinici sperimentali anche in questo ambito.
SEQUELE TARDIVE
Effetti tardivi del trattamento:
Diversamente dal setting pediatrico, i lungo sopravviventi sottoposti a dosui relativamente alte di antracicline (daunorubicina, adriamicina 300-405 mg/m2, idarubicina >100 mg/m2) non hanno mostrato problemi cardiaci in percentuali inusualmente alte, ma mncano confronti prospettici. Con l’idarubicina, in un setting relativamente chiuso di AML dell’adulto, la tossicità cardiaca è risultata non comune per livelli di 290 mg/m2. In aggiunta, le funzioni endocrine, riproduttive e cerebrali possono subire un certo grado di danneggiamento (dovuto allo stress psicolsociale causato da una malattia vascolare severa o da tumori cerebrali) ma nnon si conosce ne l’incidenza ne la severità degli effetti collaterali di questi trattamenti nei pazienti con LAL sottoposti agli attuali regimi. La perdita della immunizzazione attiva dovuta alla intensa radio-chemioterapia è comune, ma la tardiva reimunizzazione con vaccini è solitamente non raccomandata e non viene eseguita eccetto che nei pazienti trapiantati. Una recente revisione sui survivors trapiantati, incurante della diagnosi iniziale, età e dello stato della malattia, riporta i seguenti tipi ed incidenze di complicanze: patologia polmonare e delle vie respiratorie 10%-15%, disfunzioni autoimmuni occasionali (citopenia, miastenia gravis, altri autoanticorpi), disfunzione tiroidea 2%-56%, cataratta 30%-80% a 6 anni dai regimi con TBI, occasionale necrosi della testa dell’omero o del femore, occasionali nefriti, e tumori secondari. A distanza di anni dal trapianto, la percentuale di mortalità è più alta in questi pazienti.
Tumori secondari:
I tumori secondari possono insorgere successivamente a pregressi regimi chemio-radioterapici. I farmaci anti LAL inclusi gli alchilanti, etoposide e la radioterapia aumentano il rischio di seconda neoplasia. L’incidenza stimata di seconda neoplasia sembra in aumento nel tempo, da 0.59% a 3.63% (solo i tumori ematologici secondari, 942/1170 in pazienti in remissione) rispettivamente, a 5 e 10 anni, come documentato da una grande analisi retrospettiva del gruppo GIMEMA, al 8% e 27% (tutti gli altri tumori) rispettivamente, a 10 e 20 anni, in una piccola popolazione (34 pazienti) nel Bart’s Hospital. I pazienti survivors al trapianto hanno una incidenza globale di neoplasie secondarie di 0.6/100 persone anno, che corrisponde al 6% (no TBI) e 10 % (TBI) a 10 anni. I tumori posttrapianto in ordine di prevalenza sono le malattie linfoproliferative (che possono essere o no associate all’infezione da EBV), carcinoma, glioblastoma, leucemia acuta (ALL>AML), sindrome mielodisplastica, e melanoma. Molti di questi tumori sono mortali. L’etoposide, il cui utilizzo nella LAL è aumentato, induce alterazioni cromosomiche nella regione del 11q, portando rapidamente (in 2 anni) ad una leucemia acuta mielomonocitica/monoblastica con riarrangiamenti del 11q23. Il rischio di questa complicanza può aumentare con l’uso contemporaneo degli inibitori della topoisomerasi II e della L-asparaginasi, ed era superiore al 6% in un recente studio pediatrico. In qualunque modo, non si cononosce ne l’incidenza della LAL 11q23 ne i fattori di rischio nei pazienti con LAL survivors. The recently described occurrence of secondary ALL with chromosomal rearrangements at 11q23 raises the challenging question of therapy-related ALL (link 1.2) in patients previously cured of ALL.
FOLLOW-UP
Principi generali ed obiettivi:
La scoperta della recidiva ed il trattamento delle complicanze sono i due obiettivi di un regolare follow-up. I pazienti in remissione senza complicanze che hanno un buon performance status vanno incoraggiati a riprendere gradualmente a lavorare ed ad condurre una vita normale. Al termine del trattamento, è possibile dire al paziente o ai parenti quali sono le possibilità di cura in quel caso specifico. Dovrebbe essere anche sottolineato il fatto che anche alla recidiva è possibile una terapia con intento curativo. Because of this possibility, patient’s notes must include retreatment plans and family HLA and DR typing.Protocolli suggeriti:
Durante la fase di mantenimento è raccomandato, con un livello di evidenza di tipo C, di monitorare accuratamente i pazienti ogni 2-3 settimane, per migliorare l’aderenza al protocollo e l’appropriata assunzione dei farmaci. Il dosaggio dei farmaci va modificato in modo da ottenere una conta di leucociti tra 2.5-3 x109/l. Poiché non vi è dimostrazione che la scoperta precoce di una recidiva subclinica alteri il successivo trattamento e la prognosi, non è raccomandato eseguire periodici aspirati midollari. Allo stesso modo, in pazienti in remissione asintomatici non è raccomandato eseguire rachicentesi esplorative. La scoperta di una precoce recidiva molecolare durante il periodo di monitoraggio della MRD può aumentare il problema di trattare pazienti asintomatici. Questo problema dovrebbe essere affrontato in studi clinici ben disegnati. I casi che sviluppano una inspiegata citopenia devono innanzitutto sospendere la terapia e poi essere rivalutati ad intervalli settimanali. L’aspirato midollare viene eseguito se c’è una progressione della citopenia o compaiono blasti nello striscio di sangue periferico. Esami ematochimici di routine devono essere eseguiti periodicamente, poiché i farmaci di mantenimento possono alterare la funzionalità epatica. Una modesta alterazione delle transaminasi non richiede una riduzione della terapia, ma essendo pazienti politrasfusi, è raccomandato eseguire la sierologia per le epatiti B e C. Al termine di tutta la chemioterapia, i pazienti potranno essere seguiti ad intervalli di 2-3 mesi per il primo anno ed ad intervalli maggiori nel periodo successivo fino ad una volta all’anno dal quinto anno in poi. Gli esami a cui vengono sottoposti questi pazienti sono rivolti ad individuare, eventualmente, la malattia (linfonodi, fegato, milza, fundus oculi) ed emocromo completo con formula. Altri esami e l’aspirato midollare dipenderanno dai sintomi attuali ed eventuali problemi.
Data: 17/03/2017
Lo Staff / The Staff
American Europen Medical Center
Direttore del sito : Daniel Viennese
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti sono ben accetti, purché non vengano meno le norme del buon senso.
Grazie
Lo Staff / The Staff
American Europen Medical Center
(americaneuropeanmedicalcenter.blogspot.com)
Direttore del sito : Daniel Viennese