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domenica 23 settembre 2018

PROCEDURE DELL'ANALISI STRUTTURALE DEL DNA - TECNICHE ELETTROFORETICHE

Definizione di Elettroforesi :

E' secondo cui i frammenti di acido nucleico vengono fissate in piastre costituite da gel nelle quali per elettroforesi  è avvenuta la separazione delle diverse componenti biologiche (DNA)

Tecniche Elettroforetiche :

L’elettroforesi è un processo elettrocinetico nel quale molecole e particelle cariche, in soluzione acquosa, sotto l’influenza di un campo elettrico, migrano in direzione del polo che ha carica opposta.

In campo biologico sono molte le molecole che possiedono gruppi ionizzabili (come aminoacidi, proteine e acidi nucleici) e quindi, a ogni valore di pH, sono presenti in soluzione come specie elettricamente cariche. Ad esempio, grazie alla presenza dei gruppi fosfato, le molecole di DNA sono cariche negativamente e quindi migreranno verso il polo positivo (anodo) se sottoposte a un campo elettrico.

Nel corso degli anni sono state sviluppate varie apparecchiature per separare molecole cariche basate su principi elettroforetici. Fondamentalmente qualsiasi apparecchiatura per elettroforesi è composta da tre componenti principali: un alimentatore, un termostato, che permette il controllo e la regolazione della temperatura, e una camera di separazione, che è la parte principale dello strumento e può essere realizzata in molti modi differenti.

Le separazioni elettroforetiche possono essere fatte in soluzioni libere come nell’elettroforesi capillare o sistemi senza fase di supporto, ma anche su mezzi stabilizzanti come gel. Inizialmente furono utilizzate camere in cui la separazione avveniva in soluzione libera.  In tal caso l’efficienza di separazione era limitata dalla diffusione termica e dalla convezione. Per tali motivi, l’elettroforesi tradizionale è stata successivamente eseguita su mezzi di supporto anti-convettivi come poliacrilamide o gel di agarosio. Essa è particolarmente indicata per la separazione di molecole biologiche come acidi nucleici e proteine.



  Pur essendo ancor oggi molto usata, tale tipo di elettroforesi non è vantaggiosa a causa di lunghi tempi di analisi, bassa efficienza e difficoltà nell’automazione. L’alternativa è l’elettroforesi capillare che, essendo fatta in tubi stretti anti-convettivi, non necessita del mezzo gel e quindi è realizzata nuovamente in soluzione libera.

nella figura di seguito illustrata,  il principio di funzionamento è il seguente: la miscela campione da separare va sciolta in un tampone, con il quale va anche saturato il mezzo gelatinoso di supporto per consentire la conduzione della corrente, che si genera quando fra i due elettrodi viene applicata una differenza di potenziale.





camera di separazione (o cella  elettroforetica) per elettroforesi   su gel nel modo verticale.




 Il campo elettrico generato fa si che le componenti del campione migrino in una direzione (verso l’anodo o verso il catodo) in base alla loro carica, con velocità che dipende anche dalla loro forma e dimensione, oltre che dall’intensità di corrente. Se il campo elettrico viene tolto prima che le molecole abbiano raggiunto gli elettrodi, si ha una separazione dei singoli componenti in base alla loro mobilità elettroforetica.
Oltre a quello appena citato, esistono altri due metodi base di separazione: l’Isotacoforesi (ITP) e l’Isoelettrofocalizzazione (IEF). Quest’ultima tecnica è indicata per la separazione di composti anfoteri (cioè composti che hanno sia proprietà acide che basiche), come aminoacidi e peptidi, in cui sia la direzione che la velocità di migrazione dipendono dal pH e ha luogo in un gradiente di pH.

Elettroforesi Capillare :


Con il termine CE, è indicata l’elettroforesi capillare ad alta risoluzione (“High Performance Capillary Electrophoresis” o HPCE).
La versatilità dell’elettroforesi capillare permette, tuttavia, di poter usare tale metodologia per la separazione di un’ampia gamma di composti biologici (come proteine, peptidi, aminoacidi, acidi nucleici…) e quindi si possono distinguere diversi tipi di elettroforesi capillare ad alta risoluzione a seconda del principio base usato per la separazione.
È possibile distinguere: la “Capillary Zone Electrophoresis” (CZE), basata sulla diversa mobilità delle particelle cariche in soluzione libera; la “Capillary Gel Electrophoresis” (CGE), che effettua la separazione in base alle dimensioni e alla carica; la “Micellar Electrokinetic Chromatography” (MEKC), la “Capillary Isoelectric Focusing” (CIEF) e la “Capillary Isotachophoresis” (CITP).
 

 schema della strumentazione per elettroforesi capillare.



L’elettroforesi avviene all’interno di un tubo (capillare) stretto, di solito realizzato in silice fusa o teflon, avente diametro interno nel range di 25-75 μm e diametro esterno di 350-400 μm, rivestito da uno strato protettivo di poliamide che lo rende resistente ma anche maneggevole.
Questo tipo di realizzazione permette di minimizzare i problemi derivanti dallo sviluppo di calore che, tradizionalmente, limitano le tecniche elettroforetiche, in quanto causa di gradienti di temperatura non uniformi, cambiamenti locali di viscosità e conseguenti zone allargate.
Il calore generato dal passaggio della corrente elettrica causa un aumento di temperatura che è funzione delle dimensioni dei capillari, della conduttività del buffer e della tensione applicata. Si hanno temperature sensibilmente elevate quando la potenza generata è maggiore di quella dissipata.
La dissipazione termica del calore attraverso le pareti del capillare può dar luogo a temperature più alte nel centro del capillare piuttosto che alle pareti
schema del gradiente di temperatura in un capillare, dal centro all'ambiente esterno.
Tali gradienti di temperatura causano differenze locali di viscosità nel buffer e quindi una migrazione non uniforme.
Si dimostra che per limitare i gradienti di temperatura, è conveniente usare capillari con raggio interno piccolo e grande raggio esterno. Infatti il volume interno piccolo limita la quantità di calore generato, mentre l’alto rapporto tra superficie interna e volume aiuta a dissipare il calore generato
attraverso la parete del capillare.
Il grande diametro esterno invece è vantaggioso in quanto consente di ridurre le proprietà isolanti del poliammide e migliora il trasferimento di calore verso la periferia del capillare.
È anche importante la rimozione del calore all’esterno del capillare, che può essere realizzata con un sistema di ventilazione opportuno.
È possibile ottenere alte efficienze di separazione utilizzando campi elettrici elevati (nel range 100-500 V/cm). La lunghezza del capillare non influisce sull’efficienza del processo, ma gioca un ruolo importante sul tempo di migrazione e quindi sulla durata dell’analisi.
La situazione ideale consisterebbe nell’applicare un potenziale il più alto possibile, utilizzando un capillare il più corto possibile. Tuttavia ci sono delle limitazioni pratiche: quando la lunghezza del capillare diminuisce, infatti, la quantità di calore che deve essere dissipata aumenta, a causa della
diminuzione della resistenza elettrica del capillare.
Nello stesso tempo la superficie disponibile per la dissipazione del calore diminuisce. Gli effetti dovuti al calore pongono quindi un limite pratico all’utilizzo di capillari molto corti. Inoltre, più è alto il potenziale applicato, più alta diviene la corrente che attraversa il capillare e quindi è maggiore la quantità di calore generata.
Diventa necessaria la scelta di un compromesso fra il potenziale applicato e la lunghezza del capillare. Comunemente si utilizzano potenziali di circa 10-30 KV e capillari lunghi 25-75 cm
dimensioni possibili di un capillare per elettroforesi.

Il funzionamento di una apparecchiatura per elettroforesi capillare è il seguente: una piccola quantità di soluzione contenente il campione (tra 1 e 50 nl) viene iniettata nel capillare, che contiene un buffer appropriato, dall’estremità anodica. Per effettuare la separazione viene applicata una differenza di potenziale tra le due estremità del capillare.
All’interno del capillare, oltre all’attrazione dei poli sulle molecole di segno opposto, si ha un flusso elettroosmotico (EOF) verso il catodo. Caratteristica fondamentale del flusso elettroosmotico nel capillare è che il suo profilo è praticamente piatto




In sopra riportata, si osserva che la quantità di flusso elettroosmotico scende rapidamente nei pressi della parete a causa dell’attrito. Dal momento che tale strato si estende poco nella soluzione, il suo effetto è poco importante ai fini della separazione (si avrebbero problemi con diametri interni del capillare maggiori di 200 μm). Ulteriore beneficio derivante dalla presenza dell’EOF è che esso causa la migrazione di tutte le specie, indipendentemente dalla carica, nella stessa direzione, cioè verso il catodo.

Anche gli anioni migreranno tutti verso il catodo dal momento che il flusso elettroosmotico è più grande, di almeno un ordine di grandezza, della loro mobilità elettroforetica. In conclusione, anioni, cationi ed elementi neutri in un capillare migrano tutti nella stessa direzione se sottoposti a elettroforesi.

I cationi migrano più velocemente, dal momento che l’attrazione elettroforetica verso il catodo e l’EOF sono diretti nella stessa direzione e quindi si sommano. In vicinanza del catodo le molecole attraversano una finestra dove ne viene rivelato il passaggio attraverso varie tecniche.

I risultati della CE sono presentati sotto forma di elettroferogramma, che mette in relazione la risposta del rivelatore in funzione del tempo di migrazione.

 I picchi indicano il passaggio dei prodotti di separazione,
                   l'intensità della risposta serve a distinguere il passaggio di molecole caricate
                   differentemente.

Data : 23/09/2018







Lo Staff / The Staff 

American Europen Medical Center 
Direttore del sito : Daniel Viennese 


  



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